Il Paese che cambia. L’impoverimento del ceto medio è un dato di fatto: è la categoria dei penultimi. Per Buttaroni, si sono persi i riferimenti che finora avevano caratterizzato la nostra vita. Il ruolo del sindacato resta centrale anche in uno scenario di rapporti mutevoli e precari

Carlo Buttaroni, presidente di Tecné, ha iniziato il suo intervento, raccontando la storia di una signora Maria Carmela, morta da sola a Roma e scoperta due anni dopo il decesso da un ufficiale giudiziario, intervenuto per intimare lo sfratto. Una vita completamente spezzata, sulla quale pesa anche il comportamento dei vicini di casa, che, sentendo un forte odore, piuttosto che chiamare i soccorsi, hanno preferito sigillare il portone. Questa storia, secondo Buttaroni, evidenzia bene che l’indifferenza pervade ormai ogni aspetto della vita. «La solitudine è quella del nostro tempo, un fenomeno nuovo e diverso rispetto al passato. La nostra, è l’epoca delle incertezze». Rispetto al secolo scorso, è cambiato tutto, in quanto allora era chiaro il percorso che avrebbe accompagnato la persona, dalla scuola al lavoro, dalla sanità e alla pensione, per l’intero ciclo di vita. «Non a caso, la nostra è una Repubblica fondata sul lavoro». L’Italia, prosegue Buttaroni, si è industrializzata con una progressiva riduzione del peso dell’agricoltura in soli dieci anni, cambiando il volto del Paese negli anni 50, con Il boom reso possibile dall’ampia disponibilità di manodopera. «Si alimentava l’idea del futuro come un luogo da conquistare, con la crescita delle diverse classi sociali». Successivamente, sono arrivati i cambiamenti nel sistema produttivo, con una maggiore specializzazione e l’affacciarsi di nuove mansioni. «Oggi – per il presidente di Tecné – emerge l’ansia di non farcela, anche per effetto della flessibilità e della precarietà. I rapporti di lavoro sono più mutevoli ed eterogenei. Vi è una ragnatela dei lavori che è fitta ed impalpabile». La realtà si caratterizza per il sostanziale blocco di tutti gli ascensori sociali: per la prima volta, i giovani sono impossibilitati a migliorare la loro situazione. «Abbiamo bassi salari e una marginalità che la politica fatica a rappresentare: la nostra povertà ha un carattere cronico, senza via di uscita, che si tramanda». La crisi, secondo Buttaroni, c’entra fino ad un certo punto, perché molto dipende dalle scelte fatte, che stanno spingendo le famiglie monoreddito vicino alla soglia: «Siamo davanti ai penultimi, con il ceto medio che sta scomparendo». Davanti a questo scenario così critico, cresce la domanda di un nuovo Patto sociale per porti a rifondare la società in nome dell’ethos civile. Il sindacato deve essere pronto ad offrire una lettura nuova e diversa di ciò che accade, uscendo da una logica novecentesca. «Il Paese vive grazie alla speranza, che l’Ugl ha saputo dare».