La sfida del presente. Ricordare il passato, significa trovare una strada per generare nuova occupazione. Per Carcerano, la politica traccia la via, ma spetta ai progettisti trovare le soluzioni. Secondo Carlesi, la partecipazione dei lavoratori è il collante che tiene insieme il Paese

L’architetto Piero Luigi Carcerano, dell’Istituto nazionale di bioarchitettura, osserva come «vi si una nota di nostalgia nel raccontare il passato glorioso del nostro Paese». Occorre, però, essere consapevoli che oggi la sfida è fuori dai nostri confini, «con la globalizzazione che ha portato una serie di criticità, ma anche delle innovazioni tecnologiche». Essendo cambiata la politica economica, serve la capacità di mettere in campo delle ricette per superare gli ostacoli. E, in questo, «la tecnologia aiuta, in quanto permette di gestire programmi dinamici». Dopo la fase nella quale le grandi imprese manifatturiere si sono trasferite in estremo oriente, l’attuale scenario è di forte cambiamento, per cui, secondo Carcerano, «spetta alla politica tracciare il percorso e ai progettisti trovare le soluzioni». In questo senso, l’architetto guarda con favore al Piano nazionale di ripresa e resilienza che permette di fare degli interventi: occorre però andare oltre, partendo dal territorio. Non bisogna temere per il lavoro, in quanto «sbocchi occupazionali si possono trovare nelle misure per la riqualificazione energetica, l’efficientamento energetico e la digitalizzazione». Come Paese, però, siamo indietro sulle competenze per cui occorre investire sulla formazione culturale e tecnologica, in un’ottica di qualità, così da guardare avanti e realizzare città con le migliori tecnologie. «Nella trasformazione vi sono comunque delle grandi opportunità, purché si abbia un progetto chiaro». Un progetto chiaro e definito si costruisce, però, avendo ben presenti quelli che sono le proprie radici, recuperando il senso della Storia per non essere atomi indistinti, come evidenziato da Francesco Carlesi, presidente dell’Istituto Stato e Partecipazione. «I miti servono alla politica e al sindacato». Carlesi traccia un filo conduttore che, partendo dal concetto di economia civile con l’uomo non isolato, ma vicino ai suoi simili di Antonio Genovese, passa per Giuseppe Mazzini, per il quale il lavoro libero rende più del lavoro servile. «Il Mazzinianismo è fondamentale per il sindacalismo rivoluzionario di Filippo Corridoni e di Alceste De Ambris, autore della Carta del Carnaro». Oggi, però, dominano i grandi gruppi finanziari prima ancora della produzione: «La Costituzione italiana è fondata sul lavoro, ma vanno letti con attenzione anche altri articoli, come, ad esempio, il 35, sulla tutela del lavoro, e il 46, sulla partecipazione che in Europa ha trovato percorsi più fecondi. Fino ad arrivare all’articolo 99 che istituisce il Cnel». «La partecipazione è un collante fortissimo; è da questa idea che passa il futuro dell’Italia».

Piero Luigi Carcerano