La fine della globalizzazione. Il futuro è un campo aperto con i lavoratori attori attivi e non semplici consumatori. Secondo Joime, lo spirito combattente può e deve vincere sullo spirito burocratico. Per Pasqua, la tecnologia modifica i rapporti sociali e di lavoro, ma serve consapevolezza

Per il docente di economia dell’ambiente e del territorio dell’Università Guglielmo Marconi di Roma, Gian Piero Joime, «non è facile parlare di viaggio nel futuro». I concetti di sostenibilità e di transizione rimandano ad un futuro «ricco di avventura e di ricerca di nuovi modelli organizzativi». Ciò che fa la differenza è «lo spirito combattente prima dello spirito burocratico, anche nel fare imprese, con il lavoro che torna al centro». L’immagine usata da Joime è quella della «fabbrica al centro del villaggio». È il venire meno dell’ossessione del posto fisso, con le persone che sono attori protagonisti e non consumatori. oggi, dopo la pandemia e la crisi bellica, si può parlare di fine della globalizzazione, soprattutto se guardiamo agli Stati Uniti d’America che hanno deciso di tornare a produrre in casa tutto ciò che serve per la transizione ecologica. Il riferimento all’Inflaction reduction act (Ira) del 2022, con il quale l’amministrazione Biden ha pompato risorse ingenti per sostenere la produzione nazionale, in particolare nel settore dell’automotive ed energetico, tanto è vero che anche Bmw ed Enel hanno deciso di investire in America del nord. L’Italia e l’Europa devono «smettere di essere solo consumatori per diventare produttori, cavalcando l’onda di un futuro segnato». Il sindacato, in un tale scenario, deve portare la partecipazione nelle imprese e sul territorio. Claudio Pasqua è docente di comunicazione digitale, giornalismo scientifico e nuovi media dell’Accademia Telematica Europea e direttore Interiorissimi. Il suo intervento muove da quelle che si possono considerare le tre leggi fondamentali nel rapporto fra l’uomo e le innovazioni scientifiche e tecnologiche. «Ciò che si trova al momento della nostra nascita è dato per scontato; quello inventato fino a quando abbiamo 30 anni è eccitante; tutto ciò che viene dopo, è un’offesa alla civiltà». Il non conoscere fa pensare al peggio, come era per internet anni fa. «Il metaverso – spiega Pasqua – è ancora una tecnologia futuribile. L’intelligenza artificiale non toglierà lavoro; il problema è che serve formazione». Sempre il docente dell’Accademia Telematica Europea risponde a chi afferma che la tecnologia finisce per limitare i rapporti umani. «La tecnologia rappresenta una evoluzione dei rapporti sociali e lavorativi. Esistono già tecnologie abilitanti per la realtà aumentata, virtuale e mista». «A nessuno piace fare un lavoro ripetitivo, però serve formare le persone per introdurle a fare lavori più interessanti – conclude Pasqua -; sono diverse le professioni emergenti con specifiche competenze per operare soprattutto nei mondi misti».

 

Gian Piero Joime