La musica del lavoro. Il sindacato è chiamato a gestire le contraddizioni del presente in luogo della politica assente

Le mondine hanno rappresentato un mito di lotta sindacale, prima ancora del sindacato. Esordisce così il direttore di Electomagazine, Augusto Grandi. Il lavoro nelle risaie, che ha caratterizzato l’Italia settentrionale fra la fine del XIX e la prima metà del XX secolo, ha rappresentato, secondo Grandi, una esperienza formativa fondamentale, in quanto ha contribuito alla crescita di un sentimento di libertà ed emancipazione per le donne. Questo anelito, però, è presto venuto meno, così le canzoni delle mondine, che avevano la funzione di formare il gruppo, sono cadute nel dimenticatoio e, con esse, le canzoni stesse del lavoro. «Già nel ’68, la musica era completamente cambiata». Grandi racconta un episodio minore, ma carico di significato: «Per festeggiare la fine degli anni ‘80, la Fiom regalò una compilation di musiche di discoteca, andando incontro alla modernità. È quindi un cambiamento epocale: il mondo del lavoro non è più collettivo, ma si divide. Il decennio dell’edonismo si chiude con il sindacato che balla». I lavoratori, da collettività e comunità, diventano singoli individui. «Successivamente il modello è ancora cambiato, con il precariato diffuso, mentre, con il Covid-19 si è immaginato di creare le monadi del lavoro, con ogni dipendente a casa propria, isolato e incapace di fare squadra». Il sindacato, per superare le contraddizioni del presente, fra intelligenza artificiale e laureati che emigrano, «è chiamato a sostituire la politica che, su questi temi, è assente».

Augusto Grandi