Buoni segnali dal mondo del lavoro, ma serve una riforma dei centri per l’impiego
di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

I dati Istat sull’occupazione nel mese di febbraio 2023 sono incoraggianti. La rilevazione dell’Istituto di statistica ha infatti verificato una diminuzione del numero dei disoccupati dello 0,6%, corrispondente a circa 12mila disoccupati in meno, con un tasso totale di disoccupazione all’8% ed una percentuale, relativamente alla disoccupazione giovanile, scesa all 22,4%. Dati positivi, specie se si considera che nello stesso periodo sono rimasti stabili anche gli occupati, con anzi una leggera crescita rispetto al mese precedente, dello 0,1%, che fa arrivare il tasso totale di occupati al 60,8%. Se, poi, si confronta il dato dell’occupazione con quello di un anno prima, ovvero con febbraio 2022, si può contare una crescita di 352mila occupati in più. Unico neo la stabilità del tasso di inattività, che non cala ma resta al 33,8%, con, tra l’altro, delle specifiche caratteristiche descritte dall’Istat: aumentano, infatti, gli inattivi fra le donne e le persone over 35, mentre diminuiscono tra gli uomini e i giovani. Nel complesso, i numeri sono comunque buoni anche se questo non significa poter abbassare la guardia in termini di politiche occupazionali. Anzi, occorre fare quello sprint atteso da anni, nell’ambito delle politiche attive del lavoro attraverso una riforma dei centri per l’impiego sempre più necessaria. In base alle intenzioni dell’Esecutivo il nuovo strumento, il Mia, misura per l’inclusione attiva, con le sue nuove regole, dovrebbe partire fra pochi mesi. Ma per fare in modo che gli “occupabili” si trasformino in occupati veri e propri, a beneficio loro, ma anche dell’intera comunità, serve rendere efficienti i centri per l’impiego al fine di realizzare quel benefico matching tra domanda e offerta di lavoro, con il coinvolgimento di soggetti pubblici e anche privati. E poi bisogna investire su politiche attive del lavoro fondate su programmi di formazione e riqualificazione professionale, al fine di incentivare le assunzioni colmando il gap esistente tra le competenze richieste dalle imprese e quelle offerte dalla forza lavoro in cerca di occupazione. Uno fra maggiori i limiti del vecchio RdC è stato proprio quello della mancanza di adeguate politiche attive e formative ad accompagnare il sussidio per renderlo una forma di sostegno temporaneo per gli occupabili e non un contributo assistenziale fine a se stesso. Ora è tempo di cambiare, non solo per ragioni di inclusione delle persone ora estromesse dal mondo del lavoro, ma anche come metodo per rilanciare la crescita e lo sviluppo economico-sociale dell’Italia nel suo complesso.

Domande in crollo
Tra l’aumento dell’occupazione, i tempi stretti per la presentazione dei documenti necessari e la riforma in arrivo, che prevede criteri più rigidi per l’accesso e il mantenimento del sussidio, un periodo inferiore nel quale si potrà usufruire dell’assegno per gli occupabili e maggiori controlli, le domande per avere il Reddito di Cittadinanza sono crollate. Nei primi due mesi del 2023 sono state il 65,23% in meno rispetto all’anno precedente: 90.287 le richieste presentate, rispetto alle 261.378 del primo bimestre del 2022.