Sindacati divisi nel giudizio. La disposizione sul subappalto voluta dall’Europa

L’approvazione definitiva del nuovo Codice degli appalti da parte del Consiglio dei ministri, dopo il passaggio di legge in Parlamento per il parere delle Camere, sta provocando forti polemiche anche nel mondo sindacale. Ancora una volta, come capita spesso in queste settimane, Cgil e Uil scelgono la strada dello scontro con l’esecutivo, mentre la Cisl e la Ugl si posizionano sul fronte più dialogante nella convinzione che, con il confronto, si possano portare a casa dei risultati importanti. In questo senso, è opportuno ricordare che il nuovo Codice degli appalti rafforza decisamente la clausola sociale, come chiesto dai sindacati in occasione delle audizioni sulla legge delega (approvata durante il governo Draghi) e poi nel successivo passaggio parlamentare sul testo elaborato dal Consiglio di Stato e dall’allora presidente Franco Frattini, prematuramente scomparso. La clausola sociale, in particolare, si rafforza sui servizi culturali, spesso soggetti a cambio appalto. L’altra questione che sta animando il dibattito è quello del subappalto. Cgil e Uil criticano la liberalizzazione del subappalto, dimenticando però che tale previsione è contenuta in una direttiva comunitaria che, appunto, impedisce ai governi nazionali l’introduzione di clausole che limitano il subappalto, in quanto contrastano con la libera concorrenza. In passato, l’Italia era stata ripresa proprio per questo.