di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

In questi giorni, tra le tante notizie politiche ed economiche, tra gli aggiornamenti sulla guerra in Ucraina e le questioni legate all’attuazione del Pnrr, si fanno largo anche altri temi, altrettanto importanti, perché capaci di influenzare in modo significativo e profondo il futuro, nostro e delle prossime generazioni. Temi che riguardano il rapporto fra scienza ed etica, in un’epoca di progressi tecnologici un tempo inimmaginabili, che procedono a ritmi serrati portando a mettere in discussione aree della vita umana che si pensavano immutabili, generando interrogativi sui limiti da porre per tutelare la società. Due gli esempi da fare, attualmente sulle prime pagine dei giornali: la questione della maternità surrogata e quella dell’intelligenza artificiale. Due realtà dei nostri giorni rese possibili dall’avanzamento tecnologico, in medicina come nella comunicazione. Il primo tema, quello dell’utero in affitto, è molto dibattuto in Italia per via della questione del riconoscimento del ruolo genitoriale del membro della coppia – omosessuale o eterosessuale che sia – che non è biologicamente connesso al bambino nato attraverso questa pratica. Il che implica, spesso nella narrazione mediatica questo “particolare” viene omesso, il contemporaneo disconoscimento della madre surrogata, completamente estromessa in cambio di denaro. Insomma, questa tecnica ha reso possibile a coppie impossibilitate a procreare, ma abbienti, di comprarsi un figlio, soprassedendo sulle implicazioni sulla madre e sul bambino. L’utero in affitto da noi è vietato dalla legge, ma è comunque utilizzato da qualche coppia facoltosa che si reca nei Paesi dove è consentito e poi pretende al ritorno in Italia una legalizzazione di quanto avvenuto, con tra l’altro il benestare di alcuni sindaci. La polemica non è solo italiana, comunque: in Spagna sta facendo discutere il caso di un’attrice e conduttrice famosa, Ana Obregon, che a 68 anni ha avuto un figlio con la maternità surrogata, vietata nel Paese e definita dal governo, di sinistra, come «una forma di violenza contro le donne». Il secondo caso: l’intelligenza artificiale. Mille tra ricercatori e manager di alto livello nel campo delle nuove tecnologie, fra i quali anche Elon Musk, Steve Wozniak ed Andrew Yang, in una lettera aperta hanno chiesto una moratoria di sei mesi a tutti i laboratori che si occupano di intelligenza artificiale perché si stanno creando menti digitali sempre più avanzate «che nessuno, neanche i creatori, possono capire, prevedere e controllare» e che potrebbero costituire un pericolo per la società. Il punto è che non tutto quello che è tecnicamente fattibile può essere fatto, che ci devono essere dei limiti e solo una sana politica, fondata su valori solidi, e possibilmente in modo bipartisan, avrebbe il potere ed anche il dovere di segnare dei confini, a tutela della comunità umana.