di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

Sul fenomeno degli sbarchi, su quello che sta accadendo nelle ultime settimane, rende bene l’idea l’immagine evocata in un articolo apparso oggi su Libero Quotidiano: quella di una diga che ormai ha ceduto, cosa che necessita interventi rapidi ed efficaci per evitare un disastro annunciato. In termini sia di rischi per i migranti stessi che cercano di approdare in Italia ed in Europa via mare, che, con buona pace della sinistra, che continua a portare avanti una linea di negazione del problema, per la nostra società, che non è in grado di reggere, dal punto di vista economico e da quello della stabilità e della sicurezza, numeri così importanti di persone in arrivo. Record continui di sbarchi, destinati ogni volta ad essere superati da altri record, con cifre ormai impressionanti. Non solo un’emergenza umanitaria, ma, con tutta evidenza, un tema più che altro politico, tra l’ombra delle pressioni di potenze come la Russia e la Cina per destabilizzare l’Occidente e il rischio di un collasso del regime tunisino, che gli esperti considerano imminente, cosa che provocherebbe oltre ad un’altra ondata massiccia di arrivi, anche una possibile islamizzazione dell’Africa settentrionale, con pericolose conseguenze per le aree interessate e per l’Europa. Non si tratta tanto di risolvere la questione, pure importante, del sostegno all’Italia nei ricollocamenti: qui si impone una soluzione a monte, per evitare una crisi sociale nel Vecchio Continente, già messo alla prova dalla pandemia, dalla guerra, dalla crisi energetica ed ora dallo spettro di quella bancaria. Bisogna superare la narrazione che divide il mondo in buonisti e cattivisti, favorevoli o contrari “all’immigrazione” in senso lato, lo dimostra il click day di oggi con il quale il decreto flussi per il 2023 prevede l’arrivo di oltre 82mila persone che verranno a lavorare regolarmente in Italia, come richiesto, fra l’altro, dalle aziende che necessitano di manodopera e ne chiedono ancora altra, con l’appello di Coldiretti a un secondo decreto per permettere altri ingressi, e comprendere che quella della tratta di esseri umani che si affollano nel Mediterraneo cercando di entrare irregolarmente, rischiando spesso la vita, è ben altra cosa, un fenomeno pericoloso da fermare al più presto. Comprendendo in questa necessità di cambiamento una migliore regolamentazione, anche a livello europeo, dell’azione delle Ong, che, come dichiarato anche dalla Guardia Costiera, svolgono un ruolo spesso controproducente intralciando i salvataggi con continue chiamate. Ma, soprattutto, intervenendo nei Paesi di partenza, ora innanzitutto in Tunisia, che, come segnalato dal ministro Tajani, non va abbandonata, ma al contrario sostenuta con un grande investimento economico, da parte del Fmi e della Banca mondiale, necessario per la sicurezza globale.