Il governo avvia l’iter per la prima rivoluzione fiscale dopo tanti anni

Il Consiglio dei ministri del 16 marzo ha approvato un disegno di legge delega al governo per la riforma fiscale. L’approvazione era stata preceduta da una serie di incontri con le parti sociali, sempre a Palazzo Chigi. A rappresentare il governo, in quelle occasioni, erano stati il ministro dell’economia e delle finanze, Giancarlo Giorgetti, il suo vice, Maurizio Leo, e il sottosegretario alla presidenza del consiglio, Alfredo Mantovano. I primi ad essere ricevuti sono stati i leader di Cisl e Ugl, Luigi Sbarra e Paolo Capone, e i segretari confederali di Cgil e Uil, Gianna Fracassi e Domenico Proietti. Successivamente, è toccato ai rappresentanti di altre sigle sindacali e alle associazioni datoriali, a partire da Confindustria. A tutti, Giorgetti, Leo e Mantovano hanno spiegato come intende muoversi il governo in quella che, per la maggior parte degli italiani, rappresenta la priorità vera. Vale per i lavoratori dipendenti, che non possono non osservare l’enorme differenza fra il netto e il lordo in busta paga, come pure per le imprese, costrette a loro volta a dover fare i conti con le giuste rimostranze dei loro dipendenti. A chi lamentava uno scarso coinvolgimento, sempre Giorgetti, Leo e Mantovano hanno ricordato i tempi della delega, confermando la volontà del governo di arrivare alla massima condivisione possibile. Nei prossimi giorni, il disegno di legge delega andrà in Parlamento e già n questa occasione le parti sociali avranno la possibilità di incidere sulla definizione dei principi e dei criteri direttivi destinati ad ispirare i decreti legislativi. Dopo l’approvazione di Camera e Senato, che dovrebbe arrivare in tempi rapidi, considerando che si parla di un collegato alla legge di bilancio, l’esecutivo avrà ventiquattro mesi di tempo per definire i vari decreti delegati. Naturalmente, è possibile che qualcuno di questi venga presentato in tempi più rapidi. Anche in questa fase, è previsto un coinvolgimento delle parti sociali, come pure nel dibattito in Parlamento.