di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

Una conseguenza particolarmente rilevante di un mercato del lavoro da cambiare è la presenza, nel nostro Paese, di troppe pensioni molto basse, che si traducono in un tenore di vita insoddisfacente per i percettori, con effetti negativi oltre che naturalmente per i pensionati stessi, anche per tutto il resto della comunità. Lavoro irregolare, precariato, part-time involontario, discontinuità lavorativa ed ecco che due terzi delle prestazioni pensionistiche nel settore privato si attestano sotto i mille euro. La metà sotto i 750 euro mensili. Questi i dati forniti dall’Inps. Sono infatti 9,88 milioni, il 55% del totale, i percettori di una pensione che si ferma ai 750 euro mensili, 11 milioni e mezzo quelli con un assegno non superiore ai mille euro, i due terzi del totale delle pensioni italiane, escludendo il comparto pubblico. La questione riguarda principalmente le donne, data la maggiore difficoltà della componente femminile della popolazione ad ottenere occupazioni stabili e ben retribuite ed a progredire nella carriera al pari dei colleghi di sesso maschile, a causa dei noti problemi culturali e per via di un’organizzazione del mondo del lavoro con ancora un’insufficiente presenza di politiche “family friendly”, capaci di consentire una adeguata conciliazione fra vita lavorativa e privata, di cui fanno le spese essenzialmente le donne che lavorano o che vorrebbero lavorare. Problemi, questi, che perdurano oltre l’arco della vita attiva, traducendosi, al momento del pensionamento, in assegni più bassi. I numeri a certificare questa situazione di disparità li fornisce la stessa Inps: se il 40,9% degli uomini pensionati nel settore privato ha una pensione inferiore ai 750 euro mensili, la percentuale per le donne sale al 67,7%. Un quadro sul quale riflettere: non solo per migliorare la situazione dei pensionati, cercando di offrire loro assegni più adeguati, ma anche per intervenire a monte, durante l’età attiva, facendo in modo che cambino quelle caratteristiche del nostro mercato del lavoro che determinano le condizioni in base alle quali prima i salari e di conseguenza poi le pensioni sono insoddisfacenti. Il problema è ampio e, come si dice in questi casi, complesso. Occorrono adeguate politiche industriali, infrastrutturali, fiscali, per rinvigorire il sistema produttivo e quindi migliorare dal punto di vista quantitativo e qualitativo le opportunità di lavoro. C’è il tema del welfare e quello dei tempi delle città, quello della formazione. E deve cambiare, oggi ci sono anche degli strumenti nuovi, come lo smartworking ad esempio, l’organizzazione del lavoro, da modernizzare finalmente in senso più inclusivo per le donne, lavoratrici oggi e pensionate domani. Un investimento, che, non ci stancheremo mai di dirlo, sarebbe benefico non solo per la componente femminile della popolazione, ma per tutti, sia dal punto di vista sociale che economico.