Tra Bce e guerra i mutui crescono. Lagarde: «Non siamo impegnati ad aumentare ulteriormente i tassi né abbiamo finito di farlo»

In presenza «di un’elevata incertezza, è ancora più importante che il percorso dei tassi dipenda dai dati. Ciò significa che, ex ante, non siamo impegnati ad aumentare ulteriormente i tassi né abbiamo finito di farlo», ha detto il presidente della Bce, Christine Lagarde, nel corso della conferenza The Ecb and Its Watchers XXIII. È soltanto apparente o mediatico l’alleggerimento della stretta da parte della Bce, visto che «avremo ancora terreno da percorrere per assicurarci che le pressioni inflazionistiche siano eliminate» e che «di una cosa si può essere certi: conseguiremo la stabilità dei prezzi e non transigiamo sull’impegno a riportare l’inflazione al 2% nel medio termine». Cosa vuol dire? Che la politica restrittiva della Bce proseguirà e che, tradotto in cifre, dopo un 2022 caratterizzato da una sostanziale stabilità delle erogazioni dei mutui (+1%), nel 2023 ci sarà una diminuzione a due cifre sia dei nuovi mutui (-18% annuo) sia delle surroghe e sostituzioni (-47%), secondo quanto atteso da Nomisma nell’Osservatorio sul Mercato Immobiliare-Marzo 2023 diffuso oggi. Facile.it in un’analisi ha calcolato che con i tassi attuali, il 18,6% dei mutuatari, che lo scorso anno hanno chiesto il mutuo, oggi non avrebbe i requisiti per presentare domanda, perché non rispetterebbe il rapporto rata/reddito (normalmente pari a circa 1 a 3) usato dalle banche per l’erogazione del finanziamento. Non solo, per comprare casa tramite mutuo, bisogna avere un reddito più alto del 27% rispetto a dodici mesi fa. Peccato che gli stipendi, “da soli”, non crescono.