La contrattazione collettiva aziendale è più diffusa nella grande industria del Nord Italia

In base alle informazioni amministrative raccolte ed elaborate nell’Indagine sul reddito e le condizioni di vita delle famiglie, relativa all’anno 2020, è possibile, secondo l’Istat, arrivare ad una stima dei contributi per assistenza sanitaria versati direttamente dal datore di lavoro oppure dal datore ad enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale. L’Istat stima per l’anno 2020 una platea di circa 8 milioni e 130 mila lavoratori dipendenti e assimilati fruitori di tali contributi, con associato un valore medio annuo di 316 euro. L’ammontare complessivo del versato sarebbe quindi pari a circa 2,6 miliardi di contributi sanitari; in un’ottica di welfare aziendale si tratta di un dato importante, in quanto soltanto il 3,7% del versato è assoggettabile ad imposta. L’analisi demografica evidenzia le condizioni tipiche del nostro mondo del lavoro, per cui il rapporto è di circa sei uomini ogni quattro donne. La fascia più rappresentata è quella compresa fra i 35 e i 54 anni; del resto, un’età superiore è più difficile da assicurare, in quanto cambia sensibilmente il rischio di incorrere in qualche patologia. Guardando alla composizione del nucleo familiare, nel 36,5% dei casi si tratta di una coppia con almeno un figlio minore. Rispetto alla macroarea territoriale, due terzi dei beneficiari risiede al Nord, con il Sud che si ferma al 14,5%. Il welfare sanitario è presente soprattutto nell’industria (34,3%), nel commercio (15%) e nei servizi alle imprese (10%), con il pubblico fermo al 6,8%.