LE RINUNCE
Un aspetto del quale si è molto dibattuto è quello degli effetti collaterali del Covid-19. Durante l’emergenza sanitaria, è cresciuta in maniera esponenziale la percentuale di coloro che hanno rinunciato alle prestazioni sanitarie che è passata dal 6,3% del 2019 al 9,6% nel 2020, sino all’l’11,1% nel 2021. Da questa stima sono escluse le visite dentistiche e gli esami diagnostici. La rinuncia è connessa ai problemi economici, ma anche alle difficoltà di accesso al servizio, incluse le liste di attesa. Hanno fortemente inciso pure le misure di contenimento adottate in ambito sanitario per contenere la diffusione del Covid-19. Diverse di queste misure, peraltro, sono ancora in vigore.

DOPPIO LIVELLAMENTO
L’Istat osserva un fenomeno che, a prima vista, potrebbe apparire quanto meno curioso e, per molti versi, in controtendenza. Il Covid-19 sembrerebbe aver sortito un effetto livellamento sulle rinunce da parte dei cittadini a curarsi. Infatti, si è sensibilmente ridotta la forbice fra il Nord e il resto del Paese: anche il settentrione è ora in linea con le altre macroaree. Si è anche ridotta la distanza che separava i meno abbienti da coloro che avevano maggiore disponibilità economica. Anche in questo secondo caso, la percentuale di rinuncia è praticamente la stessa, proprio ad evidenziare come, fra i diversi fattori, abbia inciso soprattutto quello psicologico e comportamentale legato alla pandemia.