Francia, sulle pensioni Macron bypassa il voto dell’Assemblea nazionale. Il Governo ricorre al rischio dell’art. 49.3. Precettati i netturbini in sciopero. Bloccati i porti di Nantes-Saint-Nazaire, Brest, Le Havre e Calais

Riforma delle pensioni, giornata decisiva per la Francia. Progetto naufragato nel 2019 e che oggi il presidente della Repubblica, Emmanuel Macron, deve portare fino in fondo e contro il quale, da gennaio, sono scesi in piazza milioni di persone. Dalle 9 di stamattina è iniziato l’esame del progetto di legge al Senato e si sarebbe dovuto svolgere anche all’Assemblea nazionale, ma reso inutile dalla scelta del governo di ricorrere all’articolo 49 comma 3 della Costituzione, come riportato in queste ore da Le Figaro, che consente all’esecutivo di far approvare una legge senza il voto del Parlamento, esponendolo, tuttavia, ad una mozione di sfiducia che, oltre a spaccare il Paese, rischia di portare alla caduta del governo. Gioco facile nel primo ramo del Parlamento, dove il governo ha la maggioranza assoluta, e infatti il via libera è arrivato stamattina con 193 voti favorevoli contro 114 contrari ad un testo che, tuttavia, è di compromesso, ma in cui resta l’innalzamento dell’età pensionabile dagli attuali 62 ai 64 anni. Gioco non altrettanto facile per il voto dell’Assemblea nazionale, dove il governo non ha una maggioranza assoluta e può contare, al massimo, sull’appoggio dei Républicains, la cosiddetta destra moderata, nelle cui fila, però, si nascondono diversi franchi tiratori. Da qui la scelta di ricorrere all’articolo 49. I leader dei principali sindacati francesi sono arrivati oggi, si direbbe inutilmente, davanti all’Assemblea Nazionale, dove alle 15 sarebbe dovuto iniziare l’esame della riforma delle pensioni. Comparare i sistemi previdenziali, e non solo, dei Paesi europei non è facile. Basti pensare che in Francia esistono 42 regimi speciali e un’età pensionabile, che per Italia e Grecia resta un lontano ricordo. Tuttavia, se i sistemi previdenziali non sono paragonabili tra di loro, è altrettanto vero, però, che in Europa (e non solo) i sistemi previdenziali hanno almeno un problema in comune: la loro sostenibilità. Quest’ultima viene messa in crisi da diversi fattori: l’aspettativa di vita, la necessità di pagare le pensioni per più anni, l’età media della popolazione più alta, il maggior numero di persone in pensione, la minore presenza di lavoratori e di lavori stabili, le carriere discontinue, la disoccupazione, i salari bassi e i minori contributi versati. Non sarà che ad essere sbagliate sono state le riforme del lavoro fatte negli ultimi decenni, che non hanno saputo guardare lontano, prevedendo gli effetti di una eccessiva flessibilità del lavoro abbinata ad una aspettativa di vita sempre più alta e al crollo della natalità? Infine, è evidente che l’armonizzazione dei diversi sistemi nei Paesi europei resta una chimera. Vale la pena rifletterci da parte dei paladini della (sola) Europa “tutta in Green” entro il 2050.