di Francesco Paolo CaponeSegretario Generale Ugl

È importante l’iniziativa degli otto Paesi Ue, con in testa Italia e Germania, rappresentati dai ministri che ieri si sono riuniti a Strasburgo per un incontro, organizzato dal ministro dei Trasporti ceco, Martin Kupka, mirato a contrastare la nuova normativa Euro 7 per i veicoli stradali, che impone, secondo quanto proposto dalla Commissione Ue a novembre, ulteriori riduzioni delle emissioni dai veicoli di diverse sostanze inquinanti, parallelamente al regolamento sulla CO2, bloccato in Consiglio Ue, che prevede dal 2035 l’obbligo di immettere su mercato interno solo auto e furgoni a emissioni zero. Lo è anche alla luce di quanto accaduto oggi con il via libera del Parlamento Ue, con 343 voti a favore, 216 contrari e 78 astenuti, alla revisione della direttiva sulla performance energetica degli edifici (EPBD), quella sulle case green. La plenaria, riunita a Strasburgo, ha confermato l’impostazione del testo uscito a febbraio dalla Commissione Industria ed energia (Itre). Testo al quale si è opposta la Lega che, a nome del Gruppo Id, ne ha chiesto la reiezione. Resta e resterà agli atti che qualcuno, partiti o Stati, si sta opponendo ad una deriva che, passando anche per i diritti civili, sta portando avanti uno stravolgimento dell’assetto industriale, occupazionale e sociale dell’Europa. Una deriva che cadrà interamente sulle spalle dal solito, residuale ceto medio.
Si costringe un intero e solitario continente, in tempi illogici e irragionevoli, a passare esclusivamente e obbligatoriamente all’elettrico, ad oggi il più costoso, il più inquinante e, fatto non secondario, monopolio della Cina.
Come sindacato, che di quel ceto medio e delle fasce ancora più deboli è baluardo, auspichiamo che il vertice degli otto ministri possa contribuire a fermare lo stop alla vendita delle auto endotermiche dal 2035, perché, al di là delle questioni climatiche che non saranno risolte da questo immane sacrificio industriale e sociale, l’Europa e l’Italia rischiano di assistere ad una vera e propria desertificazione: senza un sostegno alle imprese per la riconversione della filiera, il settore automotive subirà ripercussioni potenzialmente devastanti con un impatto drammatico sui livelli occupazionali.
Dunque, non è vero, come sosteneva qualcuno, che le ideologie sono morte: quella che si sta imponendo in Europa, con i suoi rigidi target temporali e tecnologici, sta per produrre un danno enorme all’automotive che può impattare sull’industria intera, sta minacciando la sovranità tecnologica europea a vantaggio dell’industria cinese, anche perché in assenza, ciò che è peggio, di adeguate politiche industriali di medio e lungo termine, di incentivi alle imprese, di risorse per la formazione dei lavoratori e investimenti in ricerca e infrastrutture per gestire e accompagnare un fenomeno complesso come la transizione ecologica.