Cerved: nel 2022 perse 10.587 nuove imprese. La riduzione è 10,6% sul 2021 e del 5,9% sul 2019, quando per la prima volta si è invertito un trend positivo che durava dal 2013

Meno nascite, meno nuove imprese e ancora troppi inattivi (e neet). Tutto si lega? Forse. Secondo uno studio del Cerved, nel 2022, a causa del rallentamento dell’economia, dell’aumento dei prezzi e dei tassi d’interesse, dell’incertezza sul futuro, in Italia sono nate 89.192 nuove imprese, cioè 10.587 in meno (-10,6%) rispetto al 2021 e in calo (-5,9%) sul 2019, quando per la prima volta si è invertito un trend positivo che durava dal 2013. L’impatto sarà certamente «negativo sull’economia complessiva», essendo le start-up negli ultimi 15 anni «il motore della crescita occupazionale». Le mancate nascite del 2022 rischiano di tradursi «in 27.080 addetti in meno e in un calo di 2,5 miliardi di fatturato, perché le nuove società apportano ricchezza, dinamismo e competitività al sistema». La flessione più marcata rispetto al 2021 riguarda le utility (-28,9% pari a 460 unità in meno e 117 milioni in meno di fatturato), meglio le costruzioni (-5,8%). I servizi hanno un saldo negativo per le nascite di 7.945 imprese con oltre 1,96 miliardi di fatturato in meno. Se, come afferma il Cerved, «lo sviluppo di nuova impresa è un indicatore chiave per monitorare la congiuntura economica e il dinamismo di settori e territori», non si può fare a meno di pensare anche ai fenomeni delle culle vuote e dell’indebolimento della popolazione in età attiva, i cosiddetti neet. Secondo un’analisi pubblicata dall’Ispi la capacità di rendere effettivamente attiva la popolazione in età lavorativa si gioca molto sulla capacità di mettere in relazione positiva nuove tecnologie e valorizzazione del capitale umano. Sono i Paesi, in particolare, del Sud Europa a trovarsi in forte svantaggio in questo campo. Per loro occorre, quindi, riorientare il percorso per non trovarsi definitivamente trascinati ai margini dello sviluppo mondiale dopo il 2050 e per il resto del secolo.