di Francesco Paolo CaponeSegretario Generale UGL

Non per simpatia nei confronti di James Bond e del suo autore, Ian Flaming, caduto vittima della censura, proprio in occasione del 70° anniversario dalla pubblicazione del suo primo libro della serie, addirittura per mano di chi ne detiene i diritti d’autore, cioè la Ian Fleming Publications Ltd, ma perché va espressa preoccupazione per la dimensione che il fenomeno del politicamente corretto, in associazione con la cancel culture, sta di giorno in giorno assumendo. Fenomeni entrambi rientranti nell’alveo dell’ideologia “woke”, nata negli Stati Uniti negli anni ’60 e che vuol dire “stare svegli” e /o “stare all’erta” nei confronti di ingiustizie razziali o sociali. Oggi estesa e praticata in casi fuori luogo e fuori contesto.
La censura verso James Bond è arrivata a poco meno di una settimana da quella nei confronti di Paperon de’ Paperoni, del quale la Disney ha deciso di non ripubblicare due capitoli della biografia-epopea, e da quella tentata dalla casa editrice Puffin, in accordo con gli eredi di Roald Dahl, autore, tra le tante opere, del famoso “La Fabbrica del Cioccolato”, al fine di abolire termini come «grasso», «brutto», «nano» e «piccolo» dalle pagine dello scrittore gallese. Con l’obiettivo di diffondere un linguaggio non offensivo verso minoranze e categorie varie, si sta portando avanti una rozza censura che, di fatto, appiattisce e omogeneizza in un unico linguaggio, in unico tempo e in un unico contesto, opere del passato, non necessariamente così remoto, violandone l’integrità.
Credo sia necessario per il nostro Paese, titolare di un patrimonio culturale inestimabile, porsi il problema. Sì, perché del Made in Italy non fanno parte soltanto gli eccelsi prodotti dell’agroalimentare, della moda e dell’automotive, ma anche tutto l’immenso e universalmente riconosciuto patrimonio letterario, cinematografico, musicale e via discorrendo, che l’Italia può vantare. Occorre evitare che tra libri e opere cinematografiche, magari del secolo scorso, basti pensare al Neorealismo, a qualcuno possa venire in mente di “intervenire”. Non solo all’estero, ma anche in Italia, visto che siamo già stati testimoni di tentativi di cancellazione di monumenti o di velatura di “parti intime” di statue per non ferire la sensibilità altrui. Non è la mia un’ipotesi così peregrina, visto che sempre la Disney per lungometraggi come Dumbo, Peter Pan o Gli Aristogatti ha deciso di avvertire il pubblico in merito alla presenza di messaggi offensivi verso afroamericani, amerindi (definiti «pellirosse») e asiatici.
A tutto possono arrivare i detentori di una cultura cosiddetta progressista, la quale anche in Italia può trovare terreno politico e culturale molto fertile.
Salviamo la nostra cultura, prima che sia troppo tardi.