Migranti: un’altra strage annunciata approda in Italia. Il bilancio del naufragio è ad oggi di 62 vittime, ma potrebbe arrivare fino a 100

È salito a 64, e continuerà a farlo, il bilancio delle vittime del naufragio di Steccato di Cutro, nel Crotonese, avvenuto all’alba di ieri. Le ricerche sono andate avanti per tutta la notte, coordinate dalla Capitaneria di porto di Crotone con l’ausilio del Reparto aeronavale della Guardia di finanza e dei Vigili del fuoco. Tra le vittime, anche due gemellini di pochi anni e un bimbo di alcuni mesi, di meno di un anno. In tutto sarebbero morti una ventina di bambini di varia età e 33 donne. Se è ancora incerto il numero complessivo, tra i 180 e i 200, di coloro che “viaggiavano” sul barcone e provenienti da Iraq, Pakistan, Somalia, mentre è pari a 60 quello dei superstiti, il governatore della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, ai microfoni di Rtl 102.5 ha dichiarato che le vittime potrebbero arrivare anche a 100 e di essere «orgoglioso» della “sua regione: «I Comuni del crotonese hanno proclamato una giornata di lutto. Nel 2022 abbiamo accolto 18mila migranti, senza alcuna polemica». A lanciare l’allarme alla polizia è stato un pescatore che transitava nella zona, verso le 4 del mattino, il quale aveva notato l’imbarcazione già distrutta con i primi corpi galleggiare in acqua. Quando, poi, sono arrivati a mano a mano i soccorritori sul posto, tra carabinieri, polizia di stato, guardia di finanza, capitaneria di porto, vigili del fuoco, personale del 118, Croce Rossa italiana, la situazione si è rivelata apocalittica. Da segnalare che l’imbarcazione era stata avvistata nella serata di sabato a circa 40 miglia dalla costa crotonese da un velivolo Frontex in pattugliamento. Naufragio e strage, dunque, non possono essere addebitati all’Italia soltanto perché il caicco si è spaccato a pochi metri dalla costa calabrese. Il barcone è, infatti, partito tre o quattro giorni fa da Izmir, seguendo la “rotta turca”. “Rotta turca” che, dopo il terremoto, è destinata ad intensificarsi, perché le autorità della Turchia, a causa delle continue scosse, non riescono a fermare i barconi come prima. Le tappe della “rotta turca” sono, dopo Smirne in Turchia, Samos e Atene in Grecia, Belgrado in Serbia, Sarajevo e Bihać in Bosnia Erzegovina, Zagabria in Croazia, Lubiana in Slovenia e per finire Trieste in Italia. Per essere più precisi, prima di arrivare in Italia, il barcone dovrebbe aver attraversato il Dodecanneso in prossimità delle acque cipriote, accostato il Peloponneso (Grecia) e da qui è risalito sulle coste italiane. Il cerino può restare sempre e solo nelle mani dell’Italia?