di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

Sulla scena politica italiana si affaccia un volto nuovo, quello dell’appena eletta nuova leader del Pd, Elly Schlein. Finalmente anche i dem possono vantare una segreteria al femminile, meglio tardi che mai. La Schlein ha prevalso nella sfida delle primarie non solo per colmare il vuoto di donne tra le figure apicali dei partiti di sinistra, ma anche per l’impegno piuttosto arduo, preso con i propri sostenitori, di dar vita ad un Partito democratico diverso rispetto al passato. L’intenzione, quella di una cesura netta, per invertire la traiettoria declinante presa negli ultimi tempi dal partito, attraverso una nuova “rottamazione”. Il tutto nonostante la sua candidatura godesse dell’appoggio di tanti esponenti di peso della vecchia “nomenklatura” di sinistra. Con questi propositi di cambiamento Elly Schlein ha conquistato un ampio consenso fra elettori e simpatizzanti dem, meno fra iscritti e militanti. In molti hanno provato a spiegare in cosa consisterà questo nuovo Pd targato Schlein, rispetto a quello che avrebbe impersonato lo sfidante sconfitto, Stefano Bonaccini, analizzando le differenze di visione tra i due, che pure erano fino a ieri piuttosto vicini essendo l’uno presidente e l’altra vicepresidente della Regione “rossa” per eccellenza. In sintesi, il governatore dell’Emilia Romagna avrebbe rappresentato la continuità, il proseguimento della caratterizzazione del partito come contenitore di centrosinistra a vocazione maggioritaria, come del resto era il Pd delle origini, nato dalla fusione fra Democratici di Sinistra e Margherita, risultando quindi troppo moderato, a tratti addirittura “renziano”. Schlein, invece, farà valere l’anima più radicale dei dem, spostandosi più nettamente a sinistra, forse nel tentativo di recuperare la vecchia identità post-comunista del partito e riconquistare i delusi, rifugiatisi nell’astensionismo o trasmigrati nel Movimento 5 stelle. Una narrazione questa, però, non del tutto convincente e il motivo l’ha chiarito oggi uno fra i tanti articoli a commento dell’evento, quello apparso su Linkiesta, a firma Christian Rocca, che ha definito, in modo brillante, la vittoria della Schlein come quella della «sinistra social senza la e». A sottolineare il fatto che la nuova segreteria e quindi la nuova linea politica del Pd sembrerebbero in realtà puntare l’acceleratore sul versante dei diritti civili, piuttosto che rappresentare un ritorno alle origini del partito che fu dei lavoratori. Non il tentativo di uscire dalle Ztl per riconnettersi con il popolo italiano, con la classe media, i pensionati, i lavoratori, le famiglie, ma un arroccamento ancora più elitario negli attici della buona borghesia. Non una ricetta più genuinamente socialdemocratica per affrontare in modo inclusivo le sfide della globalizzazione ed ora di un mondo reso ancor più instabile dalla guerra e dalla crisi energetica, superando il riformismo della sinistra degli ultimi decenni per sostenere il tessuto produttivo e sociale italiano, ma di nuovo battaglie di nicchia per ceti abbienti. Eppure di una buona sinistra popolare ci sarebbe un gran bisogno, questo sarebbe il vero cambiamento per la segreteria Schlein.