di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

Ieri la visita di Giorgia Meloni in Ucraina, nelle stesse ore nelle quali il presidente della Federazione Russa teneva il proprio discorso alla Duma. Il tutto all’indomani dell’incontro a Kiev tra Biden e Zelensky, e con il titolare della Casa Bianca a rispondere alle parole di Putin dalla Polonia, altro Stato nell’occhio del ciclone, per ragioni storiche e geopolitiche. Giornate importantissime, che potrebbero decidere il futuro non solo della guerra in Ucraina, ma dell’Europa e del mondo intero. Il nostro Presidente del Consiglio, portando avanti in modo chiaro e convinto l’azione di sostegno dell’Italia nei confronti dello Stato aggredito, si è recato a Bucha, Irpin ed infine a Kiev, dove ha incontrato il presidente Zelensky. Non solo una presenza dal valore fortemente simbolico, a rimarcare la scelta di campo del nostro Paese, ma anche l’apice di un percorso di impegno concreto dell’Italia. Un impegno traducibile nel sesto pacchetto relativo all’invio di armi di difesa, già approvato, mentre si sta elaborando il settimo, oltre che di attrezzature per uso civile, come i due generatori, parte di un lotto di 52, consegnati personalmente dalla premier alle autorità ucraine. Uno sforzo ingente per il nostro Paese, che sta affrontando, dal termine della pandemia che già era stata fonte di pesanti contraccolpi economico-sociali, anche le ripercussioni della guerra, delle sanzioni, della crisi energetica, il tutto cercando di salvaguardare la coesione sociale da un lato, la tenuta del sistema produttivo dall’altro, senza poi dimenticare le esigenze di bilancio ed il rispetto degli impegni presi con l’Ue. In questo quadro anche le parole sulla guerra del Presidente Berlusconi, comunque la si pensi una delle maggiori personalità politiche italiane, che non sembrano certo esternazioni gratuite e neanche determinate dall’intento di indebolire il governo – Forza Italia è parte compatta della maggioranza, anche sulla questione Ucraina – ma frutto di una precisa volontà. Quella di creare, accanto all’impegno inequivocabile dell’Italia nel campo Occidentale, uno spazio ulteriore per il nostro Paese, di mediazione, per arrivare a delle trattative che possano mettere fine ad un conflitto che dura ormai da un anno e che in ogni momento potrebbe degenerare ulteriormente mettendo in pericolo il pianeta intero. Mai, infatti, la prospettiva di una nuova guerra mondiale, di uno scontro nucleare è stata concreta come in questo periodo. Questa la storia. Poi c’è la stampa. O meglio una parte di quella italiana, che, anche in trasferta a Kiev, vuole sempre ricondurre gli eventi, compresi quelli epocali di portata mondiale, a questioni di piccolissimo cabotaggio: le presunte liti nel centrodestra, magari nella speranza che al governo torni presto la sinistra. Ma qui c’è in gioco ben altro, bisognerebbe ricordarlo sempre.