di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

In Europa, ed anche in Italia, si sta affacciando un nuovo tema all’orizzonte: il ripristino della leva obbligatoria. È un periodo molto particolare, quello che stiamo vivendo, nel quale stanno cambiando molti paradigmi politico-sociali che alcuni davano, erroneamente, per scontati. La guerra in Ucraina ha portato ad una drastica accelerazione della crisi – che era già in atto – di quel modello di globalizzazione, economico e politico, predominante nei decenni passati. Lo scenario è cambiato in modo radicale, con moltissime conseguenze, a vari livelli. Fra queste, un ripensamento anche dell’organizzazione della difesa dei Paesi occidentali di fronte alla minaccia Russa e non solo. Se ne parla oggi in un interessante articolo su La Repubblica, a firma di Gianluca Di Feo. Da tempo l’organizzazione della difesa, pressoché ovunque in Europa e fra i membri della Nato, era cambiata, l’esercito ridimensionato e professionalizzato, il servizio militare obbligatorio abolito, con l’eccezione di pochi Stati, come Grecia, Lituania e Danimarca. Come sempre il tutto accompagnato da una “narrazione”: in questo caso una descrizione della leva come cosa antiquata e inutile, forse anche espressione di una visione autoritaria del mondo. Con la “fine della storia” sarebbero bastati pochi soldati professionisti da spedire in luoghi remoti in caso di necessità, come avvenuto con le varie missioni in Medio Oriente, affidate a contingenti ridotti di militari specializzati. Ora che la realtà sta bussando alla porta, con una guerra combattuta in Europa orientale e lo spettro sempre incombente di un possibile ampliamento del conflitto, ci sta rendendo conto che questo approccio potrebbe non essere adeguato alle concrete esigenze di sicurezza degli Stati. Ed ecco il dibattito sulla possibile reintroduzione del servizio militare, di cui stanno parlando diversi esponenti politici europei, di vari schieramenti. In Lettonia, Paese confinante con Russia e Bielorussia, già da gennaio la leva obbligatoria è stata ripristinata. In Germania la discussione è aperta, con la posizione favorevole del ministro della Difesa Pistorious, socialdemocratico, che ha dichiarato che abolire la naja «è stato un errore». Da noi si sono espressi in tal senso il leader della Lega Salvini, ma anche La Russa, con la proposta di una mini-naja volontaria di 40 giorni. Contrari, invece, i conservatori polacchi, pure impegnati in un’importante operazione di riarmo. La proposta che però al momento sembra maggioritaria è quella di puntare sui riservisti, volontari, sul modello americano, aumentandone il numero e migliorandone la preparazione. E con l’agenda dettata dalla realpolitik, per far questo dovranno necessariamente cambiare anche le “narrazioni”, riaffacciandosi nel discorso pubblico parole e valori, uno di questi il patriottismo, fino a poco tempo fa tabù.