di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

C’è un filo – rosso – che sembra legare vicende apparentemente diverse. La decisione europea di vietare la vendita di veicoli con motori termici dal 2035, ad esempio. Presa con l’approvazione finale della plenaria di Strasburgo, con i voti di tutta l’ala sinistra dell’emiciclo e contrastata dal centrodestra, ovvero dalla maggioranza dei popolari e dai gruppi di destra di cui per l’Italia fanno parte Lega e FdI. Una scelta capace di mettere in crisi l’intero settore automobilistico europeo, industrie e lavoratori, di impoverire ulteriormente i cittadini, costringendoli a costosi cambiamenti, di danneggiare gli stessi Stati membri, che dovranno affrontare investimenti molto onerosi per convertire il sistema dei trasporti pubblici e realizzare le infrastrutture necessarie. Una scelta che al momento sembra favorire, più che l’ambiente – discutibili gli effetti complessivi sull’inquinamento – soprattutto i competitor economici extraeuropei. Una battaglia perdente, per l’Europa e per le formazioni che la stanno sostenendo. Un secondo caso: le dimissioni della premier scozzese Nicola Sturgeon, ex “lady di ferro” del socialdemocratico Snp, che improvvisamente, dopo otto anni di carica e ben più di militanza nel suo partito, ha scoperto che la politica è cosa brutale, che lascia poco spazio al tempo libero e riduce i confini della privacy. Considerazioni che probabilmente sono scaturite dall’ondata di critiche abbattutesi contro di lei per aver calcato troppo la mano sulla questione gender: ora in Scozia chiunque abbia più di 16 anni può stabilire autonomamente, indipendentemente dalla condizione biologica e senza doversi sottoporre a diagnosi e controlli, se essere identificato come uomo o donna. Una forzatura che ha portato al caso di Adam Graham, uno stupratore seriale condannato al carcere, che, dichiaratosi “in transizione” mentre era in attesa di giudizio, dovrebbe, in base alla nuova legge, ora al vaglio della Corte Suprema britannica, scontare la pena in una prigione femminile, mettendo così a rischio la sicurezza delle detenute. Due esempi di autogol – ma ce ne sarebbero tanti altri da fare – di una sinistra, non solo italiana, quindi, ma europea, ormai prigioniera di un ideologismo esasperato, controproducente e quasi autolesionista, impegnata nel prepararsi il terreno per una serie di sempre più sonore sconfitte elettorali. In Italia qualcuno sembrerebbe averlo capito, in particolare dopo l’esperienza delle ultime regionali. Iniziano ad alzarsi timide voci a chiedere un ritorno alla ragione, fra i politici, come Letta e Bonaccini, che stanno cercando di interpretare in modo più pacato la vittoria della destra, cercando di andare oltre la demonizzazione, e fra gli intellettuali, come Gramellini, che oggi titola il suo Caffè con l’eloquente frase “Se Giorgia è capace”. Riflessioni che hanno creato un aspro dibattito interno, ma che forse, se saranno ascoltate, potrebbero essere la chiave di volta per una sinistra finalmente libera dall’ottundimento ideologico degli ultimi anni e più connessa alla realtà.