Nel Terzo polo, dopo le Regionali, tensione tra Renzi e Calenda

Non è un periodo semplicissimo per i partiti all’opposizione. La sconfitta alle elezioni Regionali in Lazio e Lombardia, un doppio confronto che offriva loro la possibilità di riscattarsi dopo l’insuccesso alle Politiche di ottobre, deve essere completamente metabolizzata. Partiamo dal Partito democratico, in fase di transizione e con un segretario ancora da scegliere. Nelle ultime ore, hanno creato un po’ di caos le dichiarazioni di Stefano Bonaccini, presidente della Regione Emilia-Romagna in corsa per la segreteria: «Meloni non è una fascista, è una persona certamente capace», ha detto, a poche ore da un’intervista al “New York Times” di Enrico Letta, segretario uscente: Meloni è stata «migliore di quanto ci aspettassimo». Tanto è bastato per scatenare una polemica interna al partito. «Qualcosa non va. Come si fa a dire contemporaneamente che sono capaci (di cosa?) o che sono meglio di quanto ci aspettassimo? Davvero, mettiamoci d’accordo compagni e amici», ha replicato Andrea Orlando, commentando le parole di Bonaccini. «Le Regionali sono andate male, ma il partito unico con Calenda è sicuro», ha detto invece il leader di Italia viva, Matteo Renzi, cercando di smorzare il caso nato dalle indiscrezioni riportate dai quotidiani, che vorrebbero Renzi e Calenda in rottura, con il primo che starebbe cercando di frenare la nascita del partito unico, fortemente voluta dal secondo, che vorrebbe accelerare il processo di unione tra Azione e Iv, dopo il deludente risultato alle Regionali.