Così il ministro delle infrastrutture commenta l’astensionismo registrato alle elezioni regionali in Lombardia e nel Lazio. Centrodestra pigliatutto, il voto rafforza il governo

La larga vittoria del centrodestra alle elezioni regionali di domenica e lunedì – in Lombardia Attilio Fontana è stato confermato presidente della Regione con il 54,67% dei voti, mentre nel Lazio Francesco Rocca è stato eletto, raccogliendo il 53,88% delle preferenze – rafforza, per dirla con le parole del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, il lavoro del governo. E conferma, in aggiunta, la compattezza della coalizione. Molto più in una prospettiva di medio periodo, con l’esecutivo chiamato ora ad affrontare dossier importanti, dalla politica estera – con la guerra in Ucraina che resta in primo piano – all’economia, passando per il tema della giustizia. «Il governo esce più forte da queste elezioni: il voto degli elettori fa giustizia dei tentativi di dividere la nostra coalizione che è unita da 29 anni e che ancora una volta è premiata dal voto degli italiani che non si sono fatti confondere dalle polemiche artificiose della sinistra e hanno premiato la nostra coerenza e la nostra determinazione», ha affermato in messaggio diffuso via social il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi. Eppure il successo elettorale è in parte “macchiato” dai dati relativi all’astensionismo (in Lombardia l’affluenza definitiva è stata del 41,68% e nel Lazio del 37,2%), un crollo rispetto all’appuntamento del 2018 – quando si attestò al 73% in Lombardia e al 66,55% nel Lazio – che obbliga la politica in generale ad ulteriori riflessioni. L’astensionismo «è un errore che coinvolge tutti, la politica che si parla addosso e che campa di retroscena è una politica che non parla a chi vive soprattutto nelle periferie», è stato il commento al riguardo del ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, a margine della visita alla fiera Bit a Milano. Ad ogni modo per un centrodestra che consolida la propria posizione, ci sono le opposizioni che l’indomani si leccano le ferite. Spesso attribuendo la colpa della disfatta agli altri. Si passa da Giuseppe Conte che già ieri invitava a non esagerare «la portata» della sconfitta del M5s, «che rimane circoscritta sul piano regionale», mentre «il trend nazionale rimane in crescita» a Carlo Calenda, leader del Terzo Polo, che su Twitter che «gli elettori decidono, ma non hanno sempre ragione», «altrimenti non saremmo messi così». Nel Pd si fa sentire il processo congressuale, con Enrico Letta che si “esalta” perché il partito rimane «saldamente seconda forza politica e primo partito dell’opposizione», mentre i candidati alla segreteria Stefano Bonaccini e Elly Schlein attaccano. «Serve un nuovo gruppo dirigente al Pd, è inutile che ci giriamo intorno», la versione di Bonaccini ai microfoni di di Radio 24. Secondo Schlein, invece, intervistata da Repubblica, la responsabilità della sconfitta è «di chi per anni ha inseguito il centro senza accorgersi che si stava perdendo la sinistra, un intero blocco sociale che ha preferito astenersi anziché votare Pd».