di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

Il “caso Sanremo”, Festival ormai più che della canzone, della propaganda di sinistra e della volgarità gratuita, ha scoperchiato il vaso di Pandora. A poco è servita la breve commemorazione, a dire il vero piuttosto forzata e raffazzonata, del Giorno del Ricordo, come tentativo in extremis di dimostrare imparzialità. Come se poi una solennità civile della Repubblica fosse cosa di parte o la rievocazione di una tragedia nazionale più fuori contesto rispetto alla kermesse canora che altri temi affrontati nei vari interventi su argomenti politico-sociali maggiormente affini alla sensibilità di sinistra. Una buona metà del Paese, di più considerando il fatto che la destra è maggioranza in Italia, non si è sentita affatto rappresentata dalla gestione dell’evento sanremese. Un evento importante, dal punto di vista economico ed organizzativo, seguitissimo non solo in Italia, ma anche all’estero e che dovrebbe essere fiore all’occhiello nel promuovere il nostro Paese nel mondo. E, invece, è diventato palcoscenico per invettive contro il Governo e sketch di pessimo gusto. La questione, in realtà, è più generale e coinvolge nel complesso la nostra emittente pubblica. Ovvero quella sostenuta economicamente da tutti gli italiani, di qualunque idea politica, e che dovrebbe garantire in modo particolare, rispetto alle reti private, equidistanza ed imparzialità dal punto di vista ideologico, qualità della programmazione, attenzione nei confronti del pubblico in tema di contenuti violenti e volgari. Così non è ed è inutile tentare di far passare più che legittime richieste di contrastare questa deriva desolante della Rai in tentativi di “censura”. Se di censura dobbiamo parlare, possiamo trovarla proprio nella costante ed imperterrita azione di emarginazione della sensibilità non solo politica, ma anche valoriale di milioni di italiani, che semplicemente vorrebbero poter assistere, in spettacoli organizzati attingendo alle proprie tasche, a comportamenti quantomeno improntati alla sobrietà, se non all’eleganza, evitando, poi, di utilizzare ogni spazio possibile, compresi quelli che dovrebbero essere dedicati all’intrattenimento, per continui e costanti attacchi nei confronti degli esponenti politici non graditi. Ora si teme “l’assalto alla diligenza” da parte della destra, in una paradossale difesa dell’indifendibile: la diligenza è stata già evidentemente assaltata e da tempo, ma dalla parte politica opposta. Non si tratta di sostituire un tipo di faziosità con un altro, ma di ristabilire una situazione di normalità negli atteggiamenti e nei comportamenti da parte di professionisti ben pagati da tutti i cittadini per svolgere correttamente il proprio mestiere, garantendo, nella scelta dei contenuti da offrire al pubblico, imparzialità, qualità e rispetto della sensibilità del pubblico.