di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

C’è un’altra pagina di storia italiana troppo poco conosciuta e studiata, quella relativa al rapimento di Bruno Labate, avvenuto cinquant’anni fa, il 12 febbraio del 1973. E, invece, ancora una volta, bisogna ricordare per comprendere il passato, interpretare il presente e costruire un futuro migliore per noi e per i nostri figli. Bruno, mi permetto di chiamarlo per nome, data la conoscenza decennale, era allora impiegato Fiat e dirigente della Cisnal di Torino ed il suo impegno nelle fila del sindacato di destra era malvisto dai militanti rossi impregnati della loro ideologia totalitaria. Già un mese prima era stata assaltata la sede torinese del sindacato e quella mattina Labate venne catturato, segregato e interrogato in una sorta di “processo sommario” tipico della liturgia brigatista, rasato a zero e spogliato, infine portato al cancello della fabbrica all’ora d’uscita degli operai da Mirafiori e lì incatenato a un palo, con appeso al collo un cartello contenente scritte deliranti. Il tutto mentre i responsabili dell’azione punitiva, Curcio, Cagol, Pelli, Ferrari e Bonavita, distribuivano volantini, per un’ora. Fino all’arrivo delle forze dell’ordine, che lo liberarono, ma non riuscirono ad arrestare i terroristi, protetti dall’omertà dei tanti che allora erano terrorizzati dalla violenza rossa o in qualche caso fiancheggiatori dell’eversione comunista. Poi la rivendicazione, a firma Brigate Rosse, inneggiante alla lotta armata. Il sequestro Labate fu uno dei primi attacchi delle Br non più alle cose, ma alle persone, indice di una radicalizzazione ormai definitiva, la prima azione rilevante a Torino, una tappa importante di un percorso che portò nel giro di pochi anni, solo cinque, al rapimento, terminato in quel caso con l’uccisione del rapito, di uno dei maggiori esponenti del mondo politico ed istituzionale italiano di allora, Aldo Moro. Vogliamo ricordare questa storia non solo perché Bruno Labate era ed è uno di noi, un sindacalista della Cisnal, sigla dalla quale nasce l’Ugl, per rendergli un doveroso omaggio, ma anche per tenere sempre a mente dove porta l’odio politico e sociale, quell’intolleranza nei confronti degli avversari che ancora oggi purtroppo serpeggia nel nostro Paese e che non va assolutamente sottovalutata. Basti pensare al caso Cospito. Vogliamo ricordare il sequestro Labate anche, però, per un altro motivo, un motivo stavolta di speranza. È passato mezzo secolo, le Brigate Rosse sono state debellate dalla reazione dello Stato e consegnate ad una delle pagine buie della nostra storia. Noi dell’Ugl, eredi della Cisnal, invece, siamo ancora qui, a continuare la nostra azione sindacale, con la nostra visione della quale andiamo fieri, con le nostre proposte, adeguate al mondo odierno, in modo costruttivo e disponibile al confronto, sostenuti da un numero sempre maggiore di lavoratori. Un “lieto fine” da perpetuare e per il quale impegnarsi ogni giorno.