Si tratterebbe di una sorta di bunker costruito all’interno di un’abitazione a pochi metri di distanza dall’appartamento usato come nascondiglio

Un secondo covo, usato da Matteo Messina Denaro, il boss mafioso catturato lunedì a Palermo, dopo trent’anni di latitanza. Lo avrebbero individuato i magistrati della Procura di Palermo e i Carabinieri del ROS. Si tratterebbe di una sorta di bunker, fatto costruire all’interno di un’altra abitazione, nelle vicinanze, a circa 300 metri, dell’appartamento di vicolo San Vito a Campobello di Mazara, dove, tra le altre cose, sono state trovate cartelle sanitarie, le date degli incontri con la figlia, delle pasticche di viagra, che testimonierebbero una vita sociale stranamente attiva per un latitante del suo calibro. Nel frattempo, Matteo Messina Denaro è recluso nel supercarcere dell’Aquila, in Abruzzo. Secondo quanto si apprende, ha già usufruito della sua prima ora d’aria, s’è organizzato la cella e si mostra sorridente. Il boss è stato catturato nella clinica privata La Maddalena, dove era in cura per un tumore al colon (sarebbero presenti anche metastasi). Le cure gli verranno garantite anche in carcere e, secondo quanto riferisce l’agenzia di stampa Ansa, citando «fonti informate», le sedute di chemioterapia potrebbero essere organizzate in massima sicurezza in una struttura all’esterno del carcere. Inserito nel registro degli indagati nell’inchiesta sulla rete dei fiancheggiatori anche Filippo Zerilli, l’oncologo che avrebbe eseguito l’esame del dna necessario alle cure chemioterapiche. Al medico, il paziente si era presentato con i documenti di Andrea Bonafede, il geometra che gli avrebbe prestato l’identità e che, come Zerilli, è finito ora sotto inchiesta. È in programma per domani l’udienza del processo che vede coinvolto Messina Denaro, che ieri ha nominato l’avvocato di fiducia, sua nipote Lorenza Guttadauro, e che si sta celebrando a Caltanissetta, anche se è altamente probabile un rinvio. Ad oggi il processo, che si è concluso in primo grado con la condanna all’ergastolo, si è svolto in assenza dell’imputato accusato di essere uno dei mandanti delle stragi di Capaci e via d’Amelio. Il procedimento, approdato in Corte d’Assise d’Appello è ormai nella fase finale.