La risposta Ue alla concorrenza Usa: un Green Deal per l’industria. Fino al 9 febbraio, incontri con capi di Stato e Governo Ue sul nuovo progetto per l’industria (Net-Zero Industry Act) annunciato a Davos e oggi al Parlamento Ue

Qual è la risposta Ue ad un pacchetto di misure, l’IRA (Inflation Reduction Act), che comporta massicci sussidi all’industria statunitense per la transizione verde? Lo ha illustrato oggi Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, alla plenaria del Parlamento Ue, dopo averlo fatto ieri a Davos: un Green Deal per l’industria. «Il Piano industriale del Green Deal si baserà su quattro pilastri: il primo, la velocità e l’accesso», «presenteremo un nuovo Net-Zero Industry Act» e «vedremo in particolare come semplificare e velocizzare le autorizzazioni per i nuovi siti di produzione a tecnologia pulita». Il secondo pilastro, «aumenterà gli investimenti e il finanziamento della produzione di tecnologie pulite». Come? Adattando «temporaneamente le nostre norme sugli aiuti di Stato per velocizzarle e semplificarle, con calcoli più facili, procedure più semplici e approvazioni accelerate», preservando condizioni paritarie per le imprese Ue. Oltre al Fondo sovrano europeo, «cercheremo una soluzione ponte per fornire un sostegno rapido e mirato dove è più necessario». Dunque il tutto sembrerebbe a carico dei singoli Stati, che però, così come le imprese, non sono tutti uguali e c’è chi, come I‘Italia, ha un bilancio pubblico con pochissimi margini di movimento per sostenere le aziende. Basti pensare al mancato taglio delle accise sulla benzina. Infatti, il ministro italiano dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha già dichiarato di preferire all’allargamento delle maglie per gli aiuti di Stato «strumenti comuni come Next Generation Eu e Sure, che possono essere replicati con successo nel contesto dell’attuale crisi». Il terzo pilastro del piano industriale del Green Deal, «riguarda le competenze», «è una grande sfida» (leggasi, tra le righe, perdita di posti di lavoro, ndr), «ma anche un’enorme opportunità per creare i posti di lavoro del futuro». Quarto pilastro, «affinché la tecnologia pulita sia “net-zero” a livello globale, saranno necessarie catene di approvvigionamento forti e resilienti, e questo è legato al commercio. Cercheremo di concludere nuovi accordi commerciali con Cile, Messico, Nuova Zelanda e Australia, e cercheremo di fare più progressi possibile con l’India e l’Indonesia. Inoltre, abbiamo una finestra di opportunità unica per portare avanti l’accordo Ue-Mercosur». Thierry Breton, il commissario per il Mercato interno, ha sottolineato che l’ambizione («forte e bella») di essere il primo continente a zero emissioni entro il 2050, deve essere realizzata «grazie a una base industriale europea forte nell’ambito delle tecnologie pulite, ed è necessaria una legge per il “clean tech” come il Chips Act: il cosiddetto “Net-Zero Industry Act”». Prepariamoci, dunque: l’ennesimo scontro “intereuropeo” sta per iniziare. Anche perché da oggi al 9 febbraio, si svolgeranno incontri tra Commissione Europea e capi di Stato e Governo Ue in merito al nuovo progetto per l’industria.