Dopo 30 anni di latitanza, catturato Matteo Messina Denaro. Le congratulazioni del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Meloni: «Una grande vittoria dello Stato che dimostra di non arrendersi di fronte alla mafia»

Con la cattura di Matteo Messina Denaro finisce la latitanza durata 30 anni dell’uomo più ricercato d’Italia. È accaduto stamattina: i Ros dei Carabinieri hanno arrestato il boss di Castelvetrano mentre era ricoverato in una clinica di Palermo. «Si era recato per sottoporsi a terapie cliniche», ha riferito alla stampa il comandante dei Ros, Pasquale Angelosanto, in una zona non molto distante dal luogo in cui venne catturato Totò Riina. Altra coincidenza: all’indomani dell’anniversario della cattura (“Operazione Belva”) di Totò Riina, a suo tempo latitante da 30 anni, è avvenuto il clamoroso arresto di Messina Denaro, successore del padrino di Cosa Nostra. Era considerato l’ultimo, o il penultimo, boss dei boss della mafia. Oltre che per le stragi di mafia, l’ex superlatitante è stato condannato all’ergastolo per decine di omicidi, tra i quali quello del piccolo Giuseppe Di Matteo, il figlio del collaboratore di giustizia strangolato e sciolto nell’acido, dopo quasi due anni di prigionia; per le stragi del ’92, costate la vita ai giudici Falcone e Borsellino, e per gli attentati del ’93 a Milano, Firenze e Roma. Il blitz è scattato all’alba, coordinato dal Procuratore di Palermo, Maurizio De Lucia, e dal Procuratore aggiunto Paolo Guido. Figlio del vecchio capomafia di Castelvetrano Francesco, detto don Ciccio, storico alleato dei corleonesi di Riina, era latitante dall’estate del 1993, quando in una lettera scritta alla fidanzata dell’epoca, Angela, dopo le stragi mafiose di Roma, Milano e Firenze, preannunciò l’inizio della sua vita da Primula Rossa. «Sentirai parlare di me mi dipingeranno come un diavolo, ma sono tutte falsità», le scrisse. Matteo Messina Denaro è nato a Castelvetrano il 26 aprile 1962. Capo del mandamento di Castelvetrano e rappresentante indiscusso della mafia nella provincia di Trapani, è stato uno dei boss più potenti di tutta Cosa Nostra, arrivando a esercitare il proprio potere ben oltre i confini della propria provincia, come in quelle di Agrigento e, addirittura, di Palermo. Il suo padrino di cresima è Antonino Marotta, “uomo d’onore” ed ex affiliato alla banda di Salvatore Giuliano, coinvolto anche nella misteriosa morte del bandito.