di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

Un sistema nuovo per poter andare in pensione, completamente sganciato dal limite di età ed invece connesso alla situazione contributiva, questo sembrerebbe il piano del governo per la previdenza del futuro. In sintesi l’intenzione è quella di consentire a tutti, indipendentemente dalla data di nascita, di poter andare in pensione una volta raggiunti i 41 anni di lavoro e quindi di contributi versati. Ne ha parlato il sottosegretario all’Economia Federico Freni, che, in un’intervista al quotidiano Il Messaggero, ha dichiarato che quota 41 è il metodo di lavoro scelto dall’Esecutivo, l’obiettivo di legislatura, e che il sistema attuale con l’inserimento dal prossimo anno del coefficiente anagrafico dei 62 anni, che ha creato l’attuale quota 103, è di fatto solo uno step, una tappa di un percorso più lungo. Certo, la scelta di introdurre nell’immediato anche la soglia anagrafica dei 62 anni è stata necessaria e dettata da questioni di costi, ma la volontà politica della maggioranza andrebbe in una direzione di semplificazione. Questioni di costi che hanno interferito anche con la formulazione di Opzione donna, misura comunque necessaria, per la quale si sta cercando una «quadra migliorativa», e con la decisione, definita una «scelta politica» dallo stesso sottosegretario, di limitare la rivalutazione previdenziale per le pensioni già in essere esclusivamente ai redditi medio bassi. La congiuntura economica particolarmente complessa ha sicuramente ridotto i margini d’azione del governo, purtroppo si tratta di un fattore, quello della salvaguardia del bilancio dello Stato, da tenere sempre in considerazione e che non consente misure forse più eque, ma purtroppo non praticabili. Quota 103, in questo contesto, comunque, appare come un compromesso accettabile per scongiurare il ritorno della Fornero, che sarebbe tornata in vigore da gennaio se non si fossero prese delle contromisure. Specie se, come dichiarato, la norma attuale sarà, nella sostanza, solo un passo verso una formulazione definitiva più ampia che vada verso una quota 41 secca e strutturale, soluzione decisamente auspicabile, che noi dell’Ugl chiediamo da tempo poiché offre maggiore tutela a chi ha iniziato precocemente a lavorare e garantisce nel complesso maggiori possibilità di scelta. Dal canto nostro, chiediamo anche di stabilizzare due formule di intervento sociale come l’Ape sociale e Opzione donna, il tutto, come del resto già stabilito dal governo stesso ed in particolare dal ministro del Lavoro Marina Calderone, mediante una stretta collaborazione con le parti sociali per una riforma organica della previdenza. Con, accanto alla necessaria tenuta dei conti, due parole d’ordine chiare a definire le linee d’azione: flessibilità in uscita e ricambio generazionale, per tutelare chi vuole andare in pensione e chi vorrebbe, invece, un lavoro stabile e sicuro.