di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

La guerra nel cuore dell’Europa è arrivata al trecentesimo giorno. Tanto il tempo che è passato da quando, lo scorso 24 febbraio, le truppe russe hanno dato il via all’invasione dell’Ucraina. Il Cremlino sembra perdere posizioni, l’esercito di Kiev ha riconquistato più della metà dei territori occupati dai russi, ma la pace sembra una meta ancora lontanissima. In Ucraina si soffrono, oltre che le devastazioni della guerra e gli attacchi ad obiettivi militari e civili, anche gli esiti della “strategia del gelo” messa in atto da Mosca: lasciare il Paese senza luce e riscaldamento nel freddissimo inverno est europeo, in alcuni casi anche senz’acqua, per fiaccare la popolazione e con lo scopo di ostacolare le attività economiche e le infrastrutture superstiti. In questo contesto sta avvenendo la visita del presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Washington, un incontro “lampo” per perorare la propria causa davanti al Congresso americano. Il capo di Stato ucraino, infatti, non ha voluto mettersi addosso i panni dell’esiliato, non ha rinunciato alla sua tenuta militare neanche alla Casa Bianca e tornerà presto in patria. Scopo della visita, ottenere altri aiuti ed altre armi, ora i missili Patriot, per arrivare ad una “pace giusta”, che per Zelensky significa il mantenimento della completa integrità territoriale, Crimea compresa. Putin ed il Cremlino continuano, d’altra parte, a parlare della resistenza ucraina come di una guerra americana, combattuta da Kiev “per procura”, e non sembrerebbero intenzionati a rinunciare da un lato ad allontanare lo spettro di basi Nato ai propri confini, dall’altro ai territori russofoni al centro del conflitto, ora considerati a tutti gli effetti parte integrante della Federazione russa, specie dopo i referendum considerati “farsa” dalla comunità internazionale. Una situazione, dunque, di stallo, che non lascia presagire tregue neanche in occasione delle festività natalizie e che fa temere un ancora lungo periodo di combattimenti, lutti e distruzione. Perché da un lato la superpotenza russa, dall’altro la piccola Ucraina, ma spalleggiata dall’intero Occidente, potrebbero andare ancora avanti mesi con la guerra, tenendo il mondo con il fiato sospeso, tra timori di escalation e rischio nucleare. Con i Paesi europei, non solo per la violazione del diritto internazionale con l’aggressione ad uno Stato sovrano, ma anche a seguito delle notizie delle brutalità commesse dall’esercito russo, costretti, anche moralmente, ad un costante e costoso sostegno all’Ucraina ed a subire gli effetti della crisi energetica, senza poter vedere una concreta luce di pace in fondo al tunnel del conflitto. Manca il rilancio urgente di un multilateralismo efficace, il ruolo della diplomazia, l’azione convinta e convincente di Stati terzi capaci di gettare le basi per una soluzione, rapida, del conflitto.