di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

Il ministro dell’istruzione Valditara, in una lettera inviata alle famiglie degli studenti in procinto di scegliere l’indirizzo da intraprendere, ha voluto consentire a genitori e ragazzi di fare una scelta più ragionata, fornendo in allegato alla missiva una serie di grafici per illustrare quali siano le capacità professionali ed i titoli di studio maggiormente richiesti dalle aziende. Come accade sempre agli esponenti di questo governo, sotto la costante lente di una stampa non certo amica, ma anzi pronta a pesare e soppesare ogni parola, e di una parte, un po’ troppo faziosa, dell’opinione pubblica, la lettera ha suscitato discussioni e polemiche, con l’accusa al ministro di avere un approccio troppo “aziendalista” nei confronti del mondo dell’istruzione. Le solite polemiche pretestuose. Non si tratta di una programmazione “in stile sovietico” del futuro dei ragazzi sulla base delle necessità dell’economia e neanche di subordinare passioni ed inclinazioni personali alle esigenze pratiche. Ma di coinvolgere maggiormente i genitori, nel solco della corresponsabilità educativa, e di permettere ai giovani di conoscere la realtà dei fatti e poi decidere – liberamente – che strada percorrere. Se incamminarsi verso discipline più facilmente “spendibili” nel mondo del lavoro e quindi avere maggiori probabilità di raggiungere presto un’indipendenza economica e personale, oppure preferire altro, settori più difficili, lavorativamente parlando, ma maggiormente corrispondenti per inclinazione, facendolo, però, con consapevolezza. L’istruzione resta, per molte famiglie e molti ragazzi, un impegno gravoso e un investimento sul futuro. Forse un mondo politico pragmatico e vicino alla gente e lontano dalle Ztl riesce meglio a rendersene conto, volendo così dare un aiuto concreto, senza rifugiarsi dietro prese di posizione teoriche che non fanno i conti con le esigenze della vita reale della stragrande maggioranza degli italiani, che hanno bisogno, per poter essere pienamente integrati economicamente e socialmente, di lavorare, non potendo contare su rendite di posizione. Ecco perché serve una scelta sì libera, ma anche ponderata. A quanto emerge dai dati forniti dal Ministero, restano prime in classifica, come figure professionali richieste dalle aziende, quelle connesse al mondo del commercio ed il turismo, ai servizi, alla finanza ed alla salute. Di questo, al momento, sembra aver bisogno il nostro Paese. Un dato da conoscere, comunque la si pensi. Utile ai ragazzi ed alle famiglie per orientarsi, ma non solo. Anche alla classe dirigente, per comprendere dove sta andando, dal punto di vista economico, l’Italia. Per aggiustare, nel caso se ne ravvisasse l’esigenza, la rotta. Ad esempio – lo diciamo da anni – cercando di sostenere la produzione nazionale, i settori primario e secondario, evitando quella terziarizzazione dell’economia che rende il Paese troppo debole, in questi ultimi tempi la cosa è emersa in modo chiaro, nei confronti dei fornitori stranieri di beni indispensabili.