Le banche centrali alzano i tassi e spaventano i mercati. A Francoforte governano i falchi (Germania e Olanda). Prestiti e mutui sempre più cari. Mercati molto stanchi per l’ennesima stretta. A chi giova?

Non è soltanto il centrodestra a lamentarsi per la decisione di ieri della Bce. Guardiamo ai fatti: la Bce ha scelto, dopo l’annuncio della Fed (banca centrale americana) e contemporaneamente a quello della Boe (banca centrale inglese), una conferma alla stretta sui tassi di interesse di mezzo punto percentuale. Tassi che aumenteranno ancora «al ritmo di 50 punti base alla volta per un certo periodo» e che, da marzo, i bond comprati negli ultimi otto anni cominceranno ad essere scaricati sul mercato. E così, in un balzo, lo spread si è alzato, la Borsa è andata a picco, il rendimento dei Btp è salito, il debito italiano è diventato più rischioso di quello greco. Sì, la maggioranza di centrodestra ha contestato apertamente le decisioni della Bce. La parola «scontro» è nei titoli di quasi tutti i giornali. Il motivo c’è. Le banche centrali Usa e Ue hanno deciso di imprimere strette sui tassi di interesse, rendendo così il denaro più costoso, per contrastare un’inflazione vicina alle due cifre. La conferma della stretta da parte della Bce, in particolare, ha deluso le aspettative, anche dei mercati, di un “inizio della fine” e oltretutto lo ha fatto senza dare un orizzonte temporale ad un eventuale “inizio della fine”. Spiegando la scelta con proiezioni sulla crescita dei prezzi riviste «significativamente al rialzo», con un’inflazione ora prevista nell’Eurozona all’8,4% nel 2022, per poi calare al 6,3% nel 2023 e più marcatamente al 3,4% nel 2024 e al 2,3% nel 2025. Sì, l’Europa andrà in recessione, tanto «durerà poco», sostiene Lagarde. Ma ne siamo davvero sicuri se, ad esempio, in Italia gli stipendi restano tra i più bassi del Vecchio Continente e dovranno contrastare prestiti e mutui ancora più alti? Senza dimenticare l’allarme di Confindustria sui riverberi negativi del rialzo dei tassi sul sistema delle imprese italiane. Non è solo l’Italia a soffrire la stretta: se Milano ha chiuso a -3,45% (la peggiore in Europa), Francoforte e Parigi hanno perso oltre il 3%. Quanto agli Usa, anche Wall Street ha risposto alla Fed chiudendo in rosso con il Dow Jones Industrial Average che ha perso il 2,25% a 33.202,22 punti, il Nasdaq il 3,23% a 10,810.53 punti, lo S&P 500 il 2,48% a 3.898,50 punti. Lagarde ha aggiunto anche altro: «Speriamo che l’Italia ratifichi velocemente la riforma del Mes» per completare l’unione bancaria. Altra pressione, in più, sul Governo italiano che, attraverso il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha rispedito la patata bollente al mittente, rispondendo che «c’è anche il Parlamento. Il Parlamento ha dato un indirizzo, non è che io posso andare contro il Parlamento». Un fatto è certo: per tutti, dagli analisti ai mercati, a Francoforte, sede della Bce, imperano i falchi, cioè quelli che sono per una politica monetaria restrittiva (Germania e Olanda).