di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

Mentre un po’ dappertutto succedono cose preoccupanti, per dirne una il Quatargate che riguarda rapporti poco chiari fra politici Dem italiani ed europei ed uno Stato non certo noto per un rigoroso rispetto dei diritti sociali e civili, qui da noi la cosiddetta “intellighenzia” di sinistra – termine ormai paradossale dato il livello piuttosto basso del contributo fornito al dibattito pubblico – si interroga sugli impegni artistici di Cristina D’Avena, per appurare se siano o meno in linea con i dogmi del “politicamente corretto”. In sintesi, la cantante, dopo aver partecipato nel corso della propria carriera a moltissime manifestazioni pubbliche, alcune anche politicizzate a sinistra, ora avrebbe commesso, per i soliti odiatori rossi, un’imperdonabile défaillance. Ovvero esibirsi nello spettacolo d’apertura della tre giorni che celebra la fondazione di FdI, “Dieci anni di amore per l’Italia”, evento in programma stasera a Roma. Non solo, la D’Avena avrebbe anche osato affermare – con evidente sprezzo del pericolo – di trovare simpatica la premier Meloni: “Con lei canterei volentieri”. Apriti cielo. Da quando la notizia è iniziata a circolare è partito il linciaggio mediatico, con una sfilza di personaggi più o meno noti a lanciare invettive contro la cantante, colpevole di non aver declinato l’invito del partito, di non aver seguito quella legge non scritta che impone ai personaggi del mondo dello spettacolo di applicare la tecnica del “cordone sanitario” nei confronti della destra, pena un ostracismo capace persino di distruggere l’immagine di personaggi meno noti ed affermati. In uno Stato che si dica democratico va rispettata, senza neanche che la cosa diventi oggetto di discussione, la piena libertà degli artisti non solo di partecipare liberamente a manifestazioni pubbliche, comprese quelle dei partiti della destra parlamentare italiana che – ricordiamolo una volta per tutte – hanno piena legittimità, ma anche, se volessero, di esporsi politicamente a destra, cosa che la D’Avena non ha fatto, senza per questo avere contraccolpi nella propria vita professionale. È curioso, infatti, che in un Paese nel quale il Centrodestra ad ogni tornata elettorale raccoglie almeno la metà delle preferenze non ci siano, se non pochissimi, cantanti, attori, musicisti e simili di destra. Le spiegazioni plausibili – dando per scontata l’inesistenza di un “suprematismo artistico” della sinistra – sono solo due: o gli artisti conservatori sono costretti a nascondere le proprie idee oppure vengono talmente boicottati da non riuscire a sfondare nel mondo dello spettacolo, indipendentemente dal proprio talento. Opzioni entrambe inaccettabili. Ricordiamo, agli autoproclamati campioni dell’inclusione e della democrazia in servizio permanente effettivo, l’articolo 3 della nostra Costituzione che, fra i motivi per i quali non consente discriminazioni né attacchi alla dignità sociale dei cittadini, cita in modo chiaro anche le opinioni politiche. È ora di finirla e di garantire una piena libertà d’espressione, a Cristina D’Avena, ma soprattutto a tutti i cittadini italiani.