di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

Oggi ne parlano molti quotidiani ed in particolare il Sole24Ore dedica ampio spazio all’argomento: lo smartworking. Una delle maggiori novità dal punto di vista dell’organizzazione del lavoro degli ultimi anni, se si considera che ad oggi sono più di tre milioni e mezzo le persone che operano da remoto almeno qualche giorno a settimana, il 13,5% dell’intera forza lavoro italiana. La maggior parte con una formula mista, alternando presenza in ufficio e lavoro da casa nell’arco della settimana lavorativa, di solito due o tre giorni in smartworking su cinque. Una modalità lavorativa che si sta consolidando, tanto che è allo studio del governo una nuova proroga per il lavoro agile semplificato, per portarne la scadenza dal 31 dicembre alla fine di marzo, consentendo quindi ad aziende e dipendenti, sia pubblici che privati, di proseguire senza bisogno di specifici accordi per altri tre mesi, in particolare per i lavoratori fragili e per quelli che abbiano figli minori di 14 anni. Cambiano gli scenari e le funzioni di questa modalità lavorativa, rivelatasi prima utile in periodo di pandemia, per limitare contatti e contagi, ed ora, in tempo di crisi energetica, per consentire risparmi alle aziende. Concentrando il ricorso al lavoro agile nella parte finale della settimana lavorativa, non c’è, infatti, più bisogno di illuminare, riscaldare e connettere singoli uffici o intere strutture, dal venerdì o addirittura dal giovedì alla domenica, con un taglio netto delle spese che non impatta, però, su quantità e qualità della produzione. Una volta tanto le esigenze del mondo contemporaneo stanno giocando in favore dei lavoratori, facendo adottare uno strumento capace di conciliare meglio vita lavorativa e vita privata, diminuire le ore dedicate allo spostamento casa-lavoro ed i costi connessi, determinare una valutazione della produttività non basata sulle ore di presenza in ufficio, ma sugli obiettivi concretamente raggiunti. Novità di cui stanno beneficiando tanti dipendenti, specie donne, che da tempo avevano bisogno di simili cambiamenti. La “formula mista”, con l’alternanza di giorni di lavoro in presenza e da remoto, è comunque capace di salvaguardare la socialità del lavoro. Per quanto riguarda le imprese di servizi, trasporti e ristorazione collegate alla presenza dei lavoratori nelle aree commerciali e nei centri cittadini, l’alternanza ha reso le città meno affollate, ma non deserte come durante il Covid, riducendo l’impatto negativo per il commercio, e da questo punto di vista c’è anche da notare il parallelo ripopolamento dei quartieri periferici e degli hinterland cittadini. C’è poi l’effetto su mobilità e ambiente, data la diminuzione del traffico: 15 milioni di tonnellate di Co2 risparmiate ogni anno grazie allo smartworking. Una novità, quindi, molto positiva, anche se non priva di ombre: ad esempio il fatto che questa modalità di lavoro sia per forza di cose limitata solo ad una parte della popolazione, essendone esclusi tutti gli occupati in attività impossibili da svolgere da remoto, potrebbe avere effetti amplificativi del divario sociale. Un nuovo modo di lavorare che, comunque la si pensi, sta cambiando ormai in modo strutturale il mondo del lavoro e la società italiana.