La sfida ambiziosa è quella di lasciare alle giovani generazioni un’Italia più sostenibile e inclusiva. Al momento, le Missioni 1 e 2 appaiono più avanti delle altre, anche se sembra ancora mancare un deciso cambio di passo, fondamentale per conseguire risultati tanto atteso, quanto utili per il Paese

Non vi è dubbio che il Piano nazionale di ripresa e resilienza rappresenti il volto dell’Italia di domani, con l’ambiziosa sfida di lasciare, specie alle generazioni future, una crescita economica più robusta, sostenibile e inclusiva. Il cronoprogramma per l’intero anno in corso prevede il conseguimento di ben cento scadenze, tra milestone e target, in numero doppio rispetto a quelle previste per il 2021, con risultati programmati, ad oggi, pressoché raggiunti. Tali scadenze hanno un valore molto rilevante in quanto rappresentano il completamento di una misura o comunque il raggiungimento di una tappa importante, preso atto che gli obiettivi riguardano temi fondamentali come le infrastrutture digitali, il sostegno al turismo, la creazione di alloggi universitari e borse di ricerca, la lotta al lavoro sommerso. Si rileva, a riguardo, che sebbene la maggior parte delle misure, inserite prevalentemente nelle Missioni 1 e 2 del Piano nazionale di ripresa e resilienza, risultino conseguite, di fatto non si coglie il cambio di passo rispetto alle azioni attivate. Per tale ragione, come evidenziato anche nel documento prodotto dall’Ufficio per i fondi strutturali e le politiche di coesione della Ugl, diretto da Maria Rosaria Pugliese, l’intera impalcatura del Piano andrebbe semplificata e monitorata in maniera più incisiva in fase ascendente e discendente. Tali considerazioni scaturiscono prevalentemente dalla constatazione che alla maggiore disponibilità ed al maggior impiego di risorse non ha corrisposto automaticamente una capacità di sviluppo.