di Francesco Paolo CaponeSegretario Generale UGL

Al di là di quale sia il termine più appropriato per definire il confronto tra il Governo Meloni e Bankitalia, è impossibile non notare come a certa stampa e a certa politica non appaia vero di poter dire che quello in atto tra il primo esecutivo politico, dopo anni di governi tecnici, e la Banca centrale è uno scontro istituzionale. Quando la destra è al Governo, lo scontro è subito servito anche quando non c’è, figuriamoci quando la divergenza di idee e, nello specifico, sulle misure contenute nella manovra è evidente. Uno scontro che si sta tentando di esportare, tentativo per ora non ancora riuscito, anche a livello europeo, per quel che concerne la pura e semplice constatazione dei fatti da parte del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e cioè che il Pnrr, lasciato invariato, non consente di centrare tutti gli obiettivi che da qui alla fine dell’anno l’Italia deve portare a termine e che, restando così com’è, ormai non può più bastare. Lo scontro, ancorché istituzionale, è davvero un male?
La Banca d’Italia, come tutti gli altri soggetti, organizzazioni e associazioni convocate, viene in Parlamento per portare le proprie considerazioni, positive o negative che siano. Quello che ha più colpito l’attenzione di tutti è stato l’allarme sulle modifiche al Reddito di Cittadinanza scelte dal Governo Meloni. Fabrizio Balassone, Capo del Servizio Struttura economica della Banca d’Italia, ha difeso l’attuale Rdc, pur consapevole degli aspetti critici legati alla sua duplice natura, cioè l’essere misura assistenziale e di politica attiva del lavoro, suffragando la sua idea con i dati del Rapporto Istat 2022, secondo il quale in assenza di Reddito di Cittadinanza nel 2020 sarebbero stati classificati come poveri assoluti circa 450 mila nuclei in più, corrispondenti a un milione di individui. Tuttavia, non siamo più nel 2020, anno in cui il mondo Occidentale intero si è pressoché fermato. Oggi l’economia è ripartita, anche se molto faticosamente e con problemi gravi (inflazione, caro energia, scarsità delle materie prime, conflitto in Ucraina), e non ha alcun senso né economico né sociale che circa il 40% della platea dei beneficiari del RdC, corrispondenti a famiglie composte esclusivamente da individui non disabili e di età compresa tra 18 e 59 anni, continui a stare fermo, mentre altre emergenze bussano alla porta. Vale la pena ricordare, infatti, che nel Pnrr tra gli obiettivi trasversali, oltre alla parità di genere e ai divari territoriali, ci sono le pari opportunità generazionali, a favore delle quali ci sono progetti mirati all’assunzione di giovani e donne. Se lo scontro teoricamente scatenato dal Governo sul Reddito di Cittadinanza e sul Pnrr serve a far capire che, oltre al contrasto alla povertà, l’Italia è chiamata prima di tutto a creare vere opportunità e che in Italia finalmente c’è un governo politico e non più tecnico, ebbene, ben venga lo scontro, che il Governo lo voglia o meno, e ben vengano nuove azioni e soluzioni.