Dall’Fmi confermate fosche previsioni per il 2023. «La metà dell’Ue l’anno prossimo sarà in recessione». Non consolano i dati Istat sull’inflazione di novembre 2022. Anzi

Non sembra né suona come una parolaccia, ma è come se lo fosse: recessione. «La metà dell’Ue l’anno prossimo sarà in recessione», è stata la previsione lanciata ieri dalla presidente del Fmi, Kristalina Georgieva, a Berlino in conferenza stampa con Olaf Scholz e i presidenti dei principali istituti economici internazionali. Non basta, «un terzo del mondo sarà in recessione», ha aggiunto. «Le previsioni sul rallentamento della crescita mondiale per il terzo anno di seguito, previsto dal Fmi, si realizzerà», ha sottolineato, affermando che ciò sarà già visibile nel quarto trimestre del 2022. L’altra notizia di oggi e cioè i dati odierni diffusi dall’Istat sul costo della vita non compensano la previsione del Fmi, anzi: dopo la brusca accelerazione di ottobre, a novembre 2022 l’inflazione è stabile, restando tuttavia sempre su livelli che non si vedevano da marzo 1984, quando l’inflazione si trovava al +11,9%. I prezzi di alcune componenti, che ne avevano sostenuto l’ascesa, tra cui gli energetici non regolamentati e, in misura minore, gli alimentari non lavorati rallentano su base annua, mentre quelli di altre componenti continuano ad accelerare, tra cui gli energetici regolamentati e, in misura minore, gli alimentari lavorati. Ancora più preoccupante è la crescita dell’inflazione di fondo, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, che accelera da +5,3% a +5,7%; quella al netto dei soli beni energetici sale da +5,9% a +6,1%. Preoccupante perché, come fa notare Confcommercio, segnala come le tensioni – ovvero le dinamiche degli energetici, degli alimentari e dei trasportisi – si siano ormai trasferite al sistema, «elemento destinato a rendere più lungo e complesso il processo di rientro». Così, l’indice generale segna un aumento del +11,8%, mentre il carrello della spesa registra un incremento del +12,8%. Mentre Olaf Scholz sosteneva, ieri a Berlino, che la soluzione alla crisi economica e alla recessione in arrivo non sono né il protezionismo (scelta anche Usa, ndr) né il «disaccoppiamento» e cioè il disaccoppiamento dalla Cina, la presidente dell’Fmi sottolineava le responsabilità della Russia nella crisi economica globale, a causa della guerra che ha mosso contro l’Ucraina. «Se la Russia mettesse fine alla guerra la situazione economica mondiale si rimetterebbe in moto», ha detto la Georgieva. Guardando alla Cina, Georgieva ha detto che ci sono rischi per la crescita del Paese, che potrebbe essere vista al ribasso, a causa della pandemia di Covid-19 e dei problemi nel settore immobiliare. Mal comune mezzo gaudio? Non proprio.