di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

Per provare a dare una lettura di quanto sta accadendo in Italia sul fronte delle opposizioni, M5s, Pd e Terzo Polo, forse sarebbe il caso di cominciare il racconto da quando tutto è iniziato, ripassando la storia della Repubblica. Prima del cataclisma provocato da Mani Pulite, l’Italia era, certo per ragioni di politica internazionale, ma soprattutto per volontà della cittadinanza, un Paese stabilmente conservatore, guidato dalla Dc e da altri partiti moderati. Poi tutto è finito ed è nato il bipolarismo. L’idea del centrosinistra di allora, quando venne fondato il primo grande contenitore post-comunista, l’Ulivo, datato 1995, fu quella di dar vita ad un partitone che mettesse assieme gli eredi del Pci con buona parte di quelli dei vecchi partiti scomparsi, abbracciando quasi tutto l’arco parlamentare pre-tangentopoli, per creare una nuova egemonia di sinistra al posto di quella democristiana, capace di restare saldamente al potere. Il progetto, però, non riuscì. Nonostante gli avversari fossero solo partiti nuovi o comunque mai stati al potere come Lega ed An, grazie all’intuizione di Silvio Berlusconi, “sceso in campo” con Forza Italia per la precisa volontà di raccogliere i consensi di molti moderati ormai orfani di rappresentanza, la “maggioranza silenziosa conservatrice” che non si riconosceva nella sinistra diede fiducia al nuovo centro-destra. Non ci fu mai quel predominio sperato dai creatori dell’Ulivo, poi diventato Pd, se non negli apparati di potere. Al suo posto, un’alternanza durata vent’anni con un ago della bilancia, a dire il vero, pendente verso destra. Poi la crisi del 2011 ed un decennio “commissariamento” nel quale si sono alternati governi creati nel Palazzo e non nelle urne. Ora, dopo il voto, c’è di nuovo il centro-destra al governo: l’Italia, piaccia o meno, continua ad essere un Paese a maggioranza conservatrice. E le contraddizioni del centrosinistra di fronte alla perdita costante di consensi ed alla lontananza da quel formidabile collante che è il potere, sono finalmente esplose. L’idea di amalgamare i cristiano-democratici con i social-democratici – che nel resto d’Europa sono invece avversari – per creare un partitone che detenga sempre il potere e metta all’angolo la destra non funziona. Si ottiene, come si è ottenuto, solo un partito senza identità, che non convince gli elettori e si divide in guerre fra correnti, e che, nonostante poteri forti e alchimie politiche, certo non riesce a trasformare un popolo conservatore in uno di sinistra. Ora, dopo l’ennesima debacle elettorale, si stanno verificando dei lavori di riposizionamento nelle opposizioni e la “fusione a freddo” si sta sciogliendo. Stanno riemergendo da un lato i moderati, Renzi e Calenda, non a caso aperti anche ad una collaborazione con la maggioranza di destra, dall’altro la sinistra-sinistra, ora rappresentata da Conte e dal M5s. Nell’incertezza del futuro e di come sarà disegnata la mappa politica dell’Italia nei prossimi anni, una cosa è certa: il ruolo sempre più marginale ed evanescente del Pd.