Spunta Quota 103.Il riferimento ai 41 anni di contributi è legato al conseguimento dei 62 anni di età. Intanto, una decontribuzione al 10% è riservata a chi rimanda volontariamente l’uscita dal mondo del lavoro

Novità dell’ultima ora sul versante delle pensioni. Se molte cose erano già emerse nei giorni scorsi, in attesa del testo ufficiale del disegno di legge di bilancio, emerge un correttivo su Opzione donna. Per ridurre l’impatto sui conti, è, infatti, previsto un incremento dell’età inversamente proporzionale al numero dei figli. Si tratta di un mini-aumento di un anno sia per le lavoratrici dipendenti che per quelle autonome, con un solo figlio, mentre nulla cambia in caso di lavoratrice con almeno due figli. Non si annunciano invece variazioni rispetto all’Ape sociale, che continuerà ad essere lo strumento per facilitare l’uscita dal lavoro di una serie di categorie fragili o soggette a lavorazioni faticose. I leader di Cgil, Cisl, Uil e Ugl, nei giorni scorsi, avevano chiesto al governo di intervenire per scongiurare il repentino ritorno alla Fornero. In questo senso, va letta anche l’introduzione di Quota 103, derivante dalla somma di età anagrafica, 62 anni, ed anzianità contributiva, 41 anni, che va a sostituire Quota 102, data dalla somma di 64 anni di età e 38 di contributi. A conti fatti, la novità interessa principalmente chi ha iniziato a lavorare presto, non necessariamente i cosiddetti precoci che, per essere tali, devono aver maturato almeno un anno di contributi prima dei diciotto anni di età. Sul fronte opposto, chi decide di rimanere a lavoro anche dopo il conseguimento dell’età pensionabile potrà beneficiare di una decontribuzione del 10%, sul modello dell’allora ministro Roberto Maroni, appena scomparso.