di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

Fra le varie misure della Legge di Bilancio, anche un fondo per la realizzazione di quella Sovranità Alimentare che, al di là delle solite mistificazioni faziose, rappresenta un elemento chiave per il Paese, non solo dal punto di vista economico e sociale, ma anche per la difesa della sicurezza nazionale. Cento milioni in quattro anni, venticinque l’anno nel periodo che va dal 2023 al 2026, per tutelare e rafforzare il sistema agroalimentare. Non si tratta di cosa da poco e sarà decisivo spendere bene queste somme, in un settore che merita la massima attenzione. Innanzitutto partendo dalla questione prioritaria: quella relativa alla sicurezza alimentare. In questo periodo di crisi globali, di fronte a situazioni che ci hanno mostrato chiaramente la necessità di avere una sufficiente dose di indipendenza nella produzione e nel rifornimento dei beni essenziali, difficile non riuscire a comprendere l’importanza di “garantire la sicurezza delle scorte e degli approvvigionamenti alimentari”, come indicato nella bozza del testo della manovra. A chi trova eccessiva una simile preoccupazione, occorrerebbe ricordare quanto accaduto negli ultimi anni, prima con la pandemia e l’assenza dei necessari dispositivi di protezione, inizialmente reperibili solo in Cina, ed ora con l’energia. C’è poi un secondo aspetto altrettanto fondamentale, ovvero sostenere il nostro sistema agricolo ed agroalimentare sia rispetto ai problemi recenti determinati dal caro bollette, sia rispetto a questioni più annose, ad esempio tutelando in modo più efficace la nostra produzione nei mercati europei ed internazionali nei confronti di una concorrenza spesso sleale, si pensi al Nutriscore oppure al cosiddetto “italian sounding”, ma anche favorendo l’innovazione in agricoltura, incrementando la produttività mediante tecnologie più avanzate ed infrastrutture migliori. Sarà essenziale, dal nostro punto di vista, che quest’operazione di supporto al mondo dell’agricoltura e dell’agroalimentare non dimentichi il fattore lavoro, con un’operazione che coniughi la valorizzazione della produzione al rispetto rigoroso delle norme, contrastando il caporalato e la sottoccupazione e puntando sulla salute e sicurezza, in luoghi di lavoro attualmente fra i più pericolosi. Infine, la questione va anche vista nell’ottica del consumatore/cittadino: gli italiani a causa della crisi economica stanno tagliando i consumi alimentari, in quantità ed in qualità, come attestano i dati diffusi da Coldiretti e Censis, in un circolo vizioso che danneggia da un lato la filiera agroalimentare nazionale e dall’altro i cittadini stessi, specie naturalmente quelli appartenenti a fasce economico-sociali maggiormente disagiate, costretti ad adeguarsi ad una peggiore qualità della vita, con un vero e proprio “food social gap” da combattere per ragioni di equità sociale.