I lavoratori affetti da disturbi muscoloscheletrici sviluppano altre patologie a carattere psichico

Si è parlato molto di Italia nel terzo tavolo di approfondimento, anche per la contemporanea presenza di Maurizio Curtarelli, in rappresentanza dell’Agenzia europea, e di Cristina Di Tecco, per l’Inail. La terza sessione ha riguardato i rischi psicosociali connessi ai disturbi muscoloscheletrici. Presenti anche l’inglese Richard Gravelling, dell’Istituto di medicina del lavoro, l’austriaca Irene Kloimuller della Wertarbeit e il docente universitario della francese Angers, Yves Roquelaure. Tutte le analisi presentate convergono sulla presenza di problematiche psicosociali nelle persone che soffrono di disturbi muscoloscheletrici. La prima preoccupazione appare sempre quella di essere esclusi dal contesto lavorativo in cui si opera, per cui i primi accorgimenti richiesti vanno proprio in questo senso, sia nella fase più acuta quando si possono registrare delle assenze, sia nel momento del rientro a lavoro. Si tratta quindi di favorire una sorta di rivoluzione nell’approccio complessivo con il quale istituzioni e imprese affrontano il tema dei disturbi muscoloscheletrici. Finora si è guardato quasi esclusivamente agli aspetti fisici, mentre non è mai stata affrontata appieno la partita del coinvolgimento delle persone colpite. Fra i dati più interessanti, vi è il fatto che, comunque, l’Italia è al di sotto della media europea, anche se, di converso, vi è un’alta percentuale di donne coinvolte, anche per il tipo di occupazione. Nel complesso, incidono molto l’età e l’istruzione ricevuta.