di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

La nuova linea italiana della fermezza riuscirà a scalfire l’immobilismo di Bruxelles e le divisioni fra gli Stati Ue? Non è questione di “fare la voce grossa” come superficialmente si potrebbe pensare, piuttosto di far finalmente presente anche in sede Europea un problema molto sentito dall’Italia. Quello relativo agli sbarchi continui di migranti che approdano sulle nostre coste. Non solo e non tanto i profughi, quanto la gran massa dei migranti economici illegali, provenienti da Paesi tutt’altro che in guerra, in cerca di fortuna senza rientrare nelle regole di ingresso vigenti in Italia, per cercare lavoro in un Paese già difficoltà economica, ed ancor di più ora, dopo pandemia, conflitto in Ucraina e crisi energetica. Un traffico incontrollato che espone i migranti prima ai naufragi, poi al concretissimo rischio di ritrovarsi nella spirale della criminalità, dello sfruttamento e del caporalato, con conseguenze disastrose per se stessi e per la nostra comunità nazionale. Una situazione, quella relativa all’immigrazione illegale incontrollata, che sta mettendo a dura prova sicurezza e coesione sociale in un periodo già problematico. L’Italia finalmente sta facendo rispettare le regole e sta anche ponendo la questione sul tavolo europeo, come in passato non era stato fatto dai vari governi di sinistra, evidentemente più vicini all’industria della cosiddetta accoglienza che ai bisogni concreti dei cittadini. Una questione troppo complessa, che richiede una gestione comune e che non può essere affrontata come avvenuto finora solo da pochi Stati in modo autonomo, oltre a noi anche Grecia, Malta, Cipro. Troppo comodo trincerarsi dietro la protezione offerta dalla struttura geografica, lasciando il cerino del contrasto a scafisti e trafficanti di uomini, dello smistamento dei migranti, della gestione di quelli non aventi diritto di asilo difficili da rimpatriare, nelle sole mani degli Stati mediterranei. Dopo le frizioni iniziali, scaturite a seguito dell’atteggiamento rigoroso dell’Italia nei confronti delle Ong, battenti bandiera di Paesi dell’Unione del tutto refrattari ad assumersi delle responsabilità, e nonostante ancora ci siano incomprensioni, specie con la Francia, qualcosa sembrerebbe in procinto di cambiare. Certo, non sarà facile far comprendere a chi ora si trova in posizione di vantaggio, ovvero gli Stati più lontani dalle rotte migratorie, che l’Europa deve affrontare in modo congiunto e coordinato anche questa emergenza, come fatto con il Covid e con la guerra in Ucraina e come si spera si farà a breve con l’energia. La riunione straordinaria dei ministri degli Interni europei sul dossier migranti, prevista per il prossimo 25 novembre, sembra un primo segnale positivo, a dimostrazione che la fermezza, specie se supportata da sacrosante ragioni, spesso paga, anche in Europa.