I «punti fermi» saranno «l’«innalzamento soglia della flat tax, l’avvio di quota 41, una rinnovata tregua fiscale, una revisione dovuta e obbligatoria del reddito di cittadinanza»

«In manovra daremo dei primi segnali, dei primi punti fermi». Lo ha annunciato il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, nel corso dell’evento “Molto Futuro” del gruppo editoriale Caltagirone. Si tratta dell’«innalzamento soglia della flat tax, l’avvio di quota 41, una rinnovata tregua fiscale, una revisione dovuta e obbligatoria del reddito di cittadinanza», ha detto il leader leghista, elencando i «punti fermi». «Chiaramente non esauriremo tutto quello che vogliamo fare è la prima delle cinque manovre di bilancio che darà il segno che è iniziato il cambiamento», ha assicurato Salvini, che nei giorni scorsi si è detto «orgoglioso di questi primi giorni di governo»: «Credo abbia dato i segnali giusti e intrapreso la strada giusta», ha aggiunto. Diversi sono i provvedimenti varati (dalle misure anti-rave a quelle che hanno stanziato i fondi per aiutare le famiglie e le imprese contro il caro energia) dal Consiglio dei ministri, che lunedì, secondo quanto riferito ieri dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, dovrebbe dare il via libera alla manovra. «Dobbiamo fare presto», ha aggiunto Giorgetti. Tanti sono i dossier ereditati dal precedente governo – emergenza sanitaria, energetica, i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza… –, altri invece sono stati aperti dal nuovo esecutivo. Come l’autonomia differenziata. Se n’è discusso oggi della Conferenza delle Regioni, che si è svolta alla presenza del ministro per gli Affari regionali, Roberto Calderoli, autore della disegno di legge. Alcuni governatori, specie quelli di alcune regioni meridionali, hanno sollevato qualche dubbio e chiesto, attraverso il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, il ritiro della proposta. Al centro della contesa le modalità di trasferimento delle funzioni e delle risorse economiche. Calderoli intenderebbe procedere individuando i Lep, i livelli essenziali delle prestazioni, in sostanza i servizi che lo Stato deve garantire uniformemente sul territorio. Ciò consentirebbe di tutelare i territori più svantaggiati. Se, però, quei livelli non dovessero essere centrati entro 12 mesi, allora il criterio diventerebbe quello della spesa storica sostenuta dal governo, rispetto alla funzione devoluta. Questa seconda ipotesi non piace ai governatori che hanno sollevato dubbi. Calderoli ha però specificato che si tratta solo di una bozza, «aperta a ogni tipo di contributo, ma a condizione che ci sia una leale collaborazione reciproca da una parte e dall’altra, affinché la versione definitiva possa essere scritta con tutte le Regioni».