Ex Ilva: 145 imprese appaltatrici fuori dai cantieri di Taranto. In gioco non solo lo stabilimento e l’indotto della città, ma tutta la siderurgia italiana

Da domani 145 imprese appaltatrici di Acciaierie d’Italia, ex Ilva, non entreranno più nei cantieri dello stabilimento di Taranto. Le ditte sono sospese e, con esse, il personale dipendente e gli ordini in corso «prevedibilmente fino al 16 gennaio 2023 oppure fino all’anteriore data prevista dagli ordini quale termine di consegna», ha scritto Acciaierie d’Italia nella lettera inviata alle imprese appaltatrici tra venerdì e sabato scorsi. I sindacati si sono dichiarati pronti alla mobilitazione e le imprese dell’indotto e della sezione metalmeccanica sono state convocate presso Confindustria Taranto in una riunione di consiglio di presidenza. Per oggi ancora nessuna protesta di lavoratori davanti ai cancelli dello stabilimento siderurgico: per ultimare lo smontaggio dei cantieri, gran parte delle imprese sospese, tra le quali 43 della città di Taranto, sono ancora operative. Da domani lo stop sarà effettivo. Si stima che siano circa 2 mila i lavoratori interessati dalla sospensione, senza però considerare, oltre alle 43 imprese di Taranto, le restanti 102 della Puglia e delle altre regioni, fermate da Acciaierie d’Italia; aziende che, avendo base altrove, utilizzano imprese e personale di Taranto. Al di là della nuova cassa integrazione, il rischio è che la sospensione possa innescare una bomba sociale e che l’acciaieria più grande d’Europa perda, per l’ennesima volta in 10 anni, l’occasione di rilancio che merita e di cui l’Italia ha bisogno. La causa della sospensione potrebbe essere riconducibile alla crisi di liquidità più volte lamentata dall’Ad, Lucia Morselli, per i sindacati, invece, è soltanto una scelta strumentale, al fine di esercitare pressioni sul Governo in relazione all’utilizzo del miliardo di euro affidato ad Invitalia, partner pubblico di ArcelorMittal nella compagine societaria, e inserito nel Dl Aiuti. I sindacati, dopo aver incontrato i parlamentari di tutti gli schieramenti nella sede della Camera di Commercio di Taranto, hanno formalizzato la richiesta di «un incontro urgente» indirizzata ai ministri delle Imprese e Made In Italy, Adolfo Urso, del Lavoro, Marina Calderone, dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, e all’Ad di Invitalia, Bernardo Mattarella. Il ministro Adolfo Urso ha spiegato che «la più grande acciaieria europea deve tornare a essere un elemento propulsivo del Paese», aggiungendo che «su questo dossier strategico, come su tutti gli altri, io ho già preso visione sin dall’inizio del mio mandato. So che devo confrontarmi non soltanto con le questioni che sono emerse dopo la decisione della proprietà in merito alle aziende dell’indotto, ma anche con la problematica importante della siderurgia italiana».