di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

La vicenda Ong si è rapidamente trasformata in un braccio di ferro tra Italia e Francia. Mentre la Ocean Viking sbarca a Tolone con il suo carico di 234 profughi, la situazione a livello diplomatico precipita. La decisione di Parigi è quella di affondare un duro colpo a Roma, da un lato accogliendo una nave, dall’altro chiudendo completamente ai rimpatri e chiedendo agli altri Stati europei di fare lo stesso. Il “grido di dolore” dell’Italia di fronte all’emergenza continua degli sbarchi sulle proprie coste e la richiesta di una collaborazione dell’Unione, la volontà del governo Meloni di compiere un gesto forte e dall’alto valore simbolico, pur mantenendo oltre alla fermezza anche l’umanità, è stato rispedito al mittente. La nuova linea italiana, non dimentichiamolo, nasce sull’onda del consenso popolare, ottenuto anche per questo, da una cittadinanza esasperata a fronte di una situazione che pesa e che non accenna a trovare una definizione ordinata. Tutto questo non solo non ha smosso le coscienze delle cancellerie europee, anche dopo l’appello del Papa a non lasciare sola l’Italia, ma ha provocato un irrigidimento mai visto prima. Alfiere della reazione il leader francese Macron ed il governo parigino: il ministro dell’Interno, Gerald Darmanin, ha infatti dichiarato che la Francia, con effetto immediato «sospende l’insieme dei ricollocamenti di 3.500 rifugiati a beneficio dell’Italia e chiede a tutti gli altri partecipanti al Meccanismo europeo, in particolare alla Germania, di fare lo stesso». Un arroccamento dovuto a ragioni di politica interna, perché ovunque e non solo da noi l’immigrazione illegale è considerata un problema e chi non la combatte perde consensi, compresi gli Stati a guida progressista, che comunque, mentre chiudono le proprie frontiere, non mancano di fare dure reprimende contro “la disumanità” italiana. E dovuto a motivi di politica europea ed internazionale, per “isolare l’Italia” come afferma lo stesso Premier Meloni. Un atteggiamento, quello francese, deludente, anche se non certamente sorprendente. Da molti anni siamo purtroppo abituati a una totale mancanza di solidarietà da parte dell’Europa nella ricollocazione e, ancor prima, da una altrettanto completa assenza di volontà di controllare congiuntamente le frontiere e trattare in modo comune gli accordi con i Paesi terzi di provenienza e di partenza. Una situazione francamente insostenibile e che non potrà andare avanti a lungo, perché quella italiana, sia o meno d’accordo Macron, è la frontiera non solo del nostro Stato ma dell’intera Unione. Difficile prevedere come evolverà la situazione e se il sasso lanciato dall’Italia nello stagno europeo provocherà quanto affermato in queste ore dalla Francia o, al contrario, genererà una discussione destinata a cambiare le cose: in politica la strada che unisce due punti spesso non è una linea retta.