di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

Oggi, nell’ambito del Consiglio Nazionale dell’Ugl, si è svolta un’ampia riflessione interna, ma anche rivolta all’esterno, sul ruolo fondamentale del sindacato nel contesto economico e sociale odierno. Tra i vari interventi in apertura della nostra riunione, per fornire ulteriori elementi al dibattito, anche l’intervista rilasciata ad Edizioni Sindacali dal professor Pietro Ichino, ex sindacalista e noto giuslavorista proveniente dall’ambito del riformismo di sinistra, che in diverse occasioni ha fornito interpretazioni e proposte, relative al mondo del lavoro italiano, originali e fuori dai soliti schemi, alla ricerca di soluzioni maggiormente adatte alla realtà contemporanea. Facendo riferimento anche alle idee contenute nel suo recente libro “Intelligenza del lavoro”, ha parlato della necessità di superare, ad esempio, la tipologia di relazioni aziendali nata con la rivoluzione industriale e improntata su una netta contrapposizione fra parte datoriale e rappresentanza dei lavoratori, dati i profondi cambiamenti avvenuti negli ultimi decenni, quando, con la globalizzazione e le trasformazioni dell’organizzazione del lavoro determinate dalla digitalizzazione, dal lavoro su piattaforma allo smartworking, in particolare quindi nelle attività più interessate dal rinnovamento tecnologico, è diventato più sfumato il discrimine fra lavoro dipendente e lavoro autonomo. Novità non da combattere acriticamente, ma da gestire per svilupparne le migliori potenzialità, anche grazie a diversi rapporti fra datori di lavoro e lavoratori ed un rinnovamento del sindacato nel segno di una maggiore differenziazione fra le proposte delle varie sigle. Per realizzare una vera e propria “concorrenza sindacale” in grado di fornire ai lavoratori la migliore tutela possibile dei propri interessi, superando quell’appiattimento – chiaro il riferimento alla “Triplice” – che, alla prova dei fatti, nel nostro Paese non ha permesso negli ultimi anni un concreto miglioramento delle condizioni di lavoro, tanto meno una crescita adeguata di stipendi e salari. Un sindacato nuovo che sappia stipulare un patto positivo con le aziende, non da vedere come “nemiche”, ma con le quali, una volta appurata la loro affidabilità, capacità e rispetto delle regole, dar vita ad una scommessa comune per un piano industriale all’insegna della produttività, conveniente ad entrambe le parti, nel segno, poi, di una corretta distribuzione dei frutti a scommessa vinta. Parole che non possono non rimandare alla partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese ed agli utili aziendali, nelle varie sfumature di questa formula. Un intervento interessante e come sempre coraggioso, che chiarisce come si avverta sempre più forte e da più parti un’esigenza di cambiamento, anche nel sindacato. Un cambiamento all’interno del quale l’Ugl può e deve essere protagonista.