di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale UGL

Come sappiamo bene e ribadiamo da tempo, una delle maggiori criticità del nostro sistema va ricercata in un costo del lavoro troppo alto che però si traduce, nelle tasche dei dipendenti, in salari e stipendi molto bassi, specie in confronto a quelli dei lavoratori di Paesi europei simili al nostro. Una situazione che penalizza la nostra economia e la nostra tenuta sociale, traducendosi in occupazione di minore quantità e qualità, minori possibilità di crescita per le imprese, spesso sottodimensionate per la difficoltà a sostenere i costi di nuove assunzioni, peggiori condizioni di vita per i lavoratori e le loro famiglie, con da parte loro minori consumi e quindi conseguenze negative per tutto il sistema. Una soluzione, fra le più importanti, a questo problema consiste nella riduzione del cuneo fiscale. Tutte le forze politiche dicono di voler realizzare un taglio al cuneo, su questo almeno c’è unanimità di giudizio, ma finora ben poco è stato fatto. Ora il nuovo governo si è impegnato a farlo, proponendo una “sforbiciata” consistente, cinque punti in meno, obiettivo verso il quale arrivare progressivamente. “In favore di imprese e lavoratori, per alleggerire il carico fiscale delle prime e aumentare le buste paga dei secondi”, così il Presidente del Consiglio. Un taglio che allineerebbe il peso del fisco sul lavoro in Italia alla media degli Stati dell’area Euro, appunto più bassa di cinque punti rispetto a quanto avviene nel nostro Paese. L’intenzione sarebbe quella di suddividere questa riduzione per due terzi a beneficio dei lavoratori e per un terzo delle aziende, relativamente ai redditi sotto i 35mila euro annui. Il tutto in una prospettiva di medio termine, compatibile con la tenuta dei conti pubblici, che dovrebbe iniziare con la riconferma, nella prossima legge di Bilancio, del taglio di due punti stabilito dal governo Draghi per tutto il 2022 e poi, successivamente, andare oltre. La direzione è quella giusta: il peso del fisco su lavoratori e imprese, già eccessivamente gravoso prima, ora, con inflazione e caro bollette, è a dir poco insostenibile. La riduzione del cuneo consentirebbe di immettere liquidità nell’economia reale, contrastando, al contempo, la crescente erosione del potere d’acquisto delle famiglie. Importante, quindi, l’impegno espresso dal Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, assieme a quello di incentivare le assunzioni per sostenere l’occupazione e favorire la contrattazione collettiva e di secondo livello per combattere il fenomeno del lavoro povero. Al Paese serve una visione complessiva che superi le soluzioni ideologiche ma poco efficaci, dal probabile effetto boomerang del salario minimo legale all’assistenzialismo del reddito di cittadinanza, e si traduca invece in fatti concreti capaci di generare maggiore benessere, rilanciando la produzione e l’occupazione e contrastando adeguatamente il lavoro povero.