di Francesco Paolo CaponeSegretario Generale UGL

Con la nascita del Governo Meloni ed anche ascoltando il discorso programmatico pronunciato ieri dalla Premier alla Camera al momento della richiesta della fiducia, l’impressione è stata quella di essere all’inizio di una fase di cambiamento culturale nel Paese. Almeno queste le intenzioni. Compresa quella di realizzare, attraverso i fatti e forti del consenso popolare, quella famosa “pacificazione nazionale” fra destra e sinistra di cui in Italia si parla da trent’anni, ma che non si è mai riuscita ad ottenere. Dopo la convinta professione di fede democratica da parte della destra, dimostrata, tra l’altro, già in molte occasioni e anche nelle passate esperienze di governo a livello nazionale e locale, servirebbe, però, da parte della sinistra una definitiva accettazione dell’alternanza e della piena legittimità a governare degli avversari. In realtà è molto difficile sperare che gli oppositori abbandonino una delle loro più affilate armi di propaganda politica in nome dell’obiettività di giudizio ed ai fini di una maggiore coesione sociale nel Paese. Staremo a vedere. Forse meglio concentrarsi su altre pacificazioni, altrettanto necessarie. In Italia, dove le contrapposizioni, a volte manichee, fanno parte dell’indole nazionale, oltre alla divisione fra destra e sinistra, ce n’è anche un’altra, ancora più radicata perché coinvolge tutti, anche i cittadini meno appassionati di politica, quelli meno interessati alle diatribe sui massimi sistemi, ma più concretamente impegnati nelle sfide quotidiane. La contrapposizione sociale. Ovvero quella che serpeggia costantemente fra dipendenti e autonomi, fra privato e pubblico, fra pensionati e giovani, fra piccole imprese e grandi e così via. Tutti convinti di essere gli unici a fare il proprio dovere e che gli altri – non i singoli, ma intere categorie – in qualche modo siano degli “approfittatori”. Una contrapposizione a sua volta figlia della politica, che ha, in alcuni casi, deciso di farsi interprete solo di alcune istanze sociali, ed anche derivante da annose lacune del nostro sistema. L’impegno a compiere questo tipo di pacificazione è uno degli spunti più interessanti fra quelli contenuti nel discorso della Meloni. Attraverso misure concrete, dalla rimodulazione del fisco a quella del welfare, ed una presa di posizione chiara sulla centralità del lavoro, inteso come l’impegno di chi produce per sé e per il Paese, che sia dipendente, autonomo o datoriale. Chiedendo, naturalmente, a tutti di rispettare le regole, specie quelle su salute e sicurezza, ma anche gestendo il sistema produttivo con norme finalmente chiare e semplici, quindi anche più efficaci. Favorendo l’iniziativa privata e la produzione nazionale, sostenendo l’occupazione, difendendo gli asset strategici pubblici. Il famoso nuovo patto sociale di cui parliamo da tempo. Ci auguriamo che questo tentativo riesca: la globalizzazione prima e poi le crisi recenti, sanitaria ed energetica, dovrebbero aver aperto gli occhi a tutti sul fatto che il sistema regge solo con la presenza fattiva ed adeguatamente tutelata di tutte le parti sociali.