Il sommerso è arretrato nel corso del 2020; un effetto indiretto del Covid-19 che, però, ha scoperchiato le enormi iniquità del nostro sistema sanitario, oggetto di tagli irragionevoli, con la scusa della mancanza di risorse. Serve quindi una vera riforma fiscale per riportare il Paese in equilibrio

Qualcuno, anche in tempi recenti, si è spinto a parlare del sommerso come qualcosa di strutturale nel nostro Paese, quasi una sorta di tacito assenso fra lo Stato e i cittadini per compensare le carenze nei servizi. Di certo, il peso della cosiddetta economia non osservata, che deriva dalla somma di evasione, elusione ed attività illegali propriamente dette, rimane troppo alta e crea squilibri sociali ed economici di forte impatto. Ce ne siamo resi conto nei momenti più bui della pandemia, quando i tagli del passato alla sanità, spesso irragionevoli, si sono abbattuti come un maglio su centinaia di migliaia di uomini e donne di ogni età che si sono ritrovati praticamente privi di ogni assistenza. È mancato di tutto, dai medici agli infermieri, fino ad arrivare ai posti letto ordinari e in terapia intensiva, con il risultato che, per dare un minimo di riscontro alle persone positive al Covid-19, sono stati rimandati a data da destinarsi migliaia e migliaia di interventi chirurgici; forse non sapremo mai quante operazioni sono saltate, come, verosimilmente, non verremo mai a conoscenza di quanti pazienti non sono arrivati in sala operatoria o al successivo controllo medico. La lotta al sommerso resta quindi una priorità, perché da essa possono arrivare le risorse per potenziare la sanità, ma anche la scuola e l’università, urgenza nell’urgenza, visti i continui crolli che si stanno registrando negli istituti ad ogni latitudine. Una lotta che, inevitabilmente, passa dalla riforma fiscale, perché è indubbio che non può reggere un sistema che finisce per pesare quasi esclusivamente sul lavoro dipendente, sulle aziende che assumono e che lavorano nel rispetto di tutte le regole e sui pensionati.